celebrazione del solstizio d’inverno

il solstizio d’inverno è ricerca della luce divina come luogo ideale la chiesa di Santa Lucia al Prato dove Santa Lucia rappresenta la protettrice dei cercatori di Luce. È l’inizio il portale dell’inverno i giorni più brevi dell’anno. Rappresenta il lavoro interiore il sole della ricerca spirituale. Il giorno di Natale la Luna sarà al suo massimo splendore. Molte religioni antiche ritenevano che il Sole fosse un simbolo della personalità suprema, una sorta di eroe archetipico che era in grado di passare attraverso le diverse stagioni e che era anche disceso negli inferi per poi rinascere ed evidenziare la vittoria della luce sulle forze dell’oscurità. Pura leggenda ma anche pura convinzione quando il mondo non era in grado di concepire l’uomo come un microcosmo del cielo e della natura terrena come qualcosa di indipendente dai processi cosmici. Il solstizio d’inverno si lega alla natività l’incarnazione simbolica dello spirito divino incarnato. La nascita del sole Natalis Solis Invictus nascita del sole invincibile. la nascita di Mitra fu celebrata tra i persiani e successivamente a Roma, una divinità che era anche nata in una grotta sopra una mangiatoia. D’altro canto, gli assiri celebravano la nascita di Adone il 25 dicembre, come Tammuz a Babilonia. Questo è il giorno che coincide con quella che è conosciuta come la ” Nascita del bambino Horus” celebrata dagli egiziani. Un’immagine presa dal santuario è stata esposta davanti alla folla per rappresentare la natività della Luce e della Vita. I greci, invece, celebravano la nascita di Dioniso o Bacco il 25 dicembre, quando fu nominato da una Vergine, la Magna Mater. Una serie di corrispondenze che coincidono con la natività divina nel solstizio d’inverno. Questo il senso che ci anima nel celebrare con il Nada Yoga suono armonico cioè lo strumento supremo di collegamento dove il solstizio è lo spazio tempo ideale per le connessioni eccelse. Non si tratta di un concerto ma di un evento in cui ognuno potrà prenderne parte se vorrà utilizzando la propria voce in un coro di luce. Il respiro della natura è sospeso, nell’attesa di una trasformazione, e il tempo stesso pare fermarsi. E’ uno dei momenti di passaggio dell’anno, forse il più drammatico e paradossale: l’oscurità regna sovrana, ma nel momento del suo trionfo cede alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sulle brume invernali. Dopo il Solstizio, la notte più lunga dell’anno, le giornate ricominciano poco alla volta ad allungarsi. Come tutti i momenti di passaggio, il Solstizio d’Inverno è un periodo carico di valenze simboliche e magiche, dominato da una costellazione di miti e di simboli, echi ancestrali di un passato lontanissimo e dei quali abbiamo ormai perso il significato originario. E tuttavia, nelle moderne celebrazioni natalizie e di fine anno è ancora possibile discernere i simboli di tradizioni primordiali sotto la loro attuale veste, cristiana o consumistica che sia. Le genti dell’antichità, che si consideravano parte del grande cerchio della vita, ritenevano che ogni loro azione, anche la più piccola, potesse influenzare i grandi cicli del cosmo. Così si celebravano riti per assicurare la rigenerazione del sole e si accendevano falò per sostenerne la forza e per incoraggiarne, tramite la cosiddetta “magia simpatica”, la rinascita e la ripresa della sua marcia trionfale. L’inverno era pericoloso, non solo per il freddo e la scarsità di cibo, ma anche perché vagavano sulla terra spiriti di defunti, vampiri e licantropi, entrati dal varco che si era aperto alle calende di novembre, Samhain (l’attuale Ognissanti). Il Solstizio è insieme festa di morte, trasformazione e rinascita. Il Re Oscuro, il Vecchio Sole, muore e si trasforma nel Sole Bambino che rinasce dall’utero della Dea: all’alba la Grande Madre ‘Terra dà alla luce il Sole Dio. La Dea è la vita dentro la morte, perché anche se ora è regina del gelo e dell’oscurità, mette al mondo il Figlio della Promessa, il Sole suo amante che la rifeconderà riportando calore e luce al suo regno.Anche se i più freddi giorni dell’inverno ancora devono venire, sappiamo che con la rinascita del sole la primavera ritornerà. I grandi monumenti megalitici della preistoria sono testimonianze mute ma possenti di questa tradizione. A Stonehenge, il cerchio di pietre eretto in Inghilterra fra il 3100 e il 1700 a.C., il sole del Solstizio sorge all’alba attraverso il trilite di Sud-Est e proprio sopra la Altar Stone, la Pietra Altare. I costruttori di dolmen e menhir possedevano una notevole sapienza astronomica e appare evidente il loro interesse per il solstizio invernale e per la posizione della luna in questo periodo. A Newgrange, in Irlanda, il simbolismo era più spettacolare: nell’enorme tumulo eretto verso il 3200 a.C., un raggio del sole, che sorge all’alba del solstizio, percorre esattamente un lungo e strettissimo corridoio per illuminare la piccola cella interna. Molto più tardi, i Celti narreranno che Lugh, dio della luce, era stato sepolto a Newgrange, tomba e utero della sua rinascita. Sono numerose le tradizioni che vedono nascere un dio del sole o della luce in una caverna. In una grotta, simbolo del cosmo stesso, nascono Dioniso, Hermes e Zeus. In Atene il rituale del solstizio erano le Lenee, la Festa delle Donne Selvagge, in cui si celebravano ad un tempo la morte e la rinascita di Dioniso. Grotte addobbate di fiori commemoravano la nascita del dio, sacrificato in precedenza come capretto dai Titani. I Cretesi uccidevano e mangiavano un toro quale sostituto di Dioniso. E come toro veniva adorato e sacrificato un altro dio solstiziale, il persiano Mithra, che nasceva il 25 dicembre in una grotta, così come grotte erano i suoi santuari di iniziazione. In Egitto era Iside a circumambulare sette volte, sotto forma di vacca aurea, l’altare di Osiride per cercare le parti del suo cadavere smembrato, raffigurando la ricerca del sole in inverno da parte della Dea. Le case erano decorate con lampade a olio che ardevano tutta la notte. A mezzanotte i sacerdoti uscivano dal santuario gridando “La Vergine ha partorito! La luce è crescente!” e mostrando un’immagine del bambino ai fedeli. Il Natale è la versione cristiana della rinascita del sole, fissato secondo la tradizione al 25 dicembre dal papa Giulio I. Il 25 dicembre infatti, quando il nuovo sole è già salito percettibilmente sull’orizzonte, era a Roma il Dies Natalis Solis lnvicti, la festa in onore del Sole Invincibile istituita dall’imperatore Aureliano per celebrare il sole quale manifestazione della divinità che governa il cosmo. La nuova religione cristiana assorbì gran parte dei significati di questa festa, così come, più tardi, assorbì le usanze legate alla festività nord-europee di Yule (dal norvegese iul, “ruota’, ad indicare la ruota o ciclo dell’anno). Gli antichi Greci chiamavano il Solstizio invernale ‘porta degli dei”, considerandolo il confine tra il nostro mondo e una dimensione non-spaziale e non-temporale. Per questa porta si accede ad uno stato super-individuale, divino, il regno degli dei. Un’altra tradizione tramandata è quella dei doni: in epoca imperiale a Roma ci si scambiava lumi accesi, simbolo della luce crescente. Le attuali decorazioni natalizie richiamano l’antica usanza di mantenere vivo lo spirito della vegetazione con piante sempreverdi. In analogia al Solstizio d’Estate, anche il Solstizio d’Inverno è ricco di simboli vegetali. L’albero di Natale, l’abete, rappresenta in realtà l’Albero del Cosmo delle mitologie nordiche. Se appendiamo ai suoi rami luci e frutti dorati è per celebrare il mito solare. Esso ha in effetti origini pre-cristiane. Anche l’agrifoglio, con le sue bacche rosse, allude al sole e ghirlande di agrifogli simboleggiano la Ruota dell’Anno. Allo stesso modo anche la figura di Babbo Natale ha origini antichissime: egli rappresenta l’ultima incarnazione del Dio Agrifoglio, l’anno calante, il Saturno vecchio e morente ma dispensatore di doni e di saggezza analogo al dio celtico Bran (e come questo signore del benefico caos solstiziale). Egli vive al Polo Nord e il nord è la direzione simbolica degli spiriti, la terra dei morti. Incidentalmente, in Italia Babbo Natale è sostituito o affiancato dalla Befana, la strega benefica che altri non è che la Vecchia Dea come dispensatrice di nuova vita. La pianta sacra del Solstizio D’inverno è il vischio, pianta simbolo della vita in quanto le sue bacche bianche e traslucide somigliano allo sperma maschile. Il vischio, pianta sacra ai druidi, era considerata una pianta discesa dal cielo, figlia del fulmine, e quindi emanazione divina. Equiparato alla vita attraverso la sua somiglianza allo sperma, ed unito alla quercia, il sacro albero dell’eternità. Questa pianta partecipa sia del simbolismo dell’eternità che di quello dell’istante, simbolo di rigenerazione ma anche di immortalità. Ancora oggi baciarsi sotto il vischio è un gesto propiziatorio di fortuna e la prima persona a entrare in casa dopo il solstizio deve portare con sé un ramo di vischio. Queste usanze solstiziali sono state trasferite al primo gennaio: il Capodanno dell’ attuale calendario civile. La natura in questo tempo si riposa per prepararsi a vivere un nuovo ciclo e anche per noi sarebbe fisicamente opportuna una pausa, approfittando magari delle vacanze natalizie per dedicarci alla lettura, alla meditazione, a esercizi di rilassamento. Una cosa piacevole potrebbe essere l’idromassaggio, una pratica rilassante e, al tempo stesso, simboleggiante le acque uterine da cui vogliamo rinascere per l’anno a venire. Purtroppo tutto congiura contro un salutare riposo solstiziale. Infatti questo periodo dell’anno, per l’accumularsi di celebrazioni, feste e acquisti di regali può portare a stress e ansia. La forzata allegria, la caduta della routine quotidiana, il consumismo esasperato, sono tutti elementi che possono condurre a sentimenti di depressione e isolamento. Sarà la minor quantità di luce solare, sarà l’essere costretti a mostrare un aspetto felice, ma questo è uno dei periodi dell’anno con il più alto picco di suicidi. Tuttavia, se ricordiamo che questo tempo è quello in cui siamo più lontani dal Sole e contemporaneamente anche più consapevoli della sua rinascita, possiamo provare a trattenere questa piccola luce in noi. Il Solstizio può essere per noi un momento molto calmo e importante, in cui nella silenziosa e oscura profondità del nostro essere, noi contattiamo la scintilla del nuovo sole. Questa è anche una opportunità per gioire e abbandonarci a sentimenti di ottimismo e di speranza: come il sole risorge, anche noi possiamo uscire dalle tenebre invernali rigenerati. Ci sono tanti modi per celebrare a livello spirituale questa festa: possiamo decorare la nostra casa con le piante del Solstizio oppure fare un albero solstiziale. Non un solito albero natalizio, bensì un albero decorato con tante piccole raffigurazioni del sole. O ancora possiamo alzarci all’alba e salutare il nuovo sole. Si possono accendere candele o luci per rappresentare la nascita delle nostre speranze per il nuovo anno. Possiamo anche compiere una celebrazione più rituale, con l’accensione del ciocco. Anche se non abbiamo un caminetto in casa possiamo accenderlo nel nostro giardino, o in un prato insieme ai nostri amici. Si prende un grosso pezzo di legno di quercia e lo si orna con rametti di varie piante: il tasso (a indicare la morte dell’anno calante), l’agrifoglio (l’anno calante stesso), l’edera (la pianta del dio solstiziale) e la betulla (l’albero delle nascite e dei nuovi inizi). Si legano i rametti al ciocco usando un nastro rosso. Se abbiamo celebrato questo rito anche l’anno precedente e abbiamo un pezzo non combusto del vecchio ciocco, accenderemo il fuoco con questo. Una volta che il fuoco è acceso osserviamo le sue fiamme e meditiamo sulla rinascita della luce e sulla nostra rinascita interiore. (R. Fattore – Lam S.)