androgino, rebis, Davide, Golia

Davide, l’androgino rebis – Golia, l’archetipo dell’intelletto egopatico – Jung riteneva che l’attivazione di un archetipo producesse risultati patologici solo se l’individuo si rifiutava di cooperare con esso, elaborandolo ed amplificandolo, cioè se si rifiutava di stabilire una relazione consapevole con le immagini e i miti che esso evocava, cercando un significato valido per sé. Se invece egli collaborava con l’elaborazione dell’archetipo, questo poteva fornire una guida efficacie, benefica e significativa per la sua vita. Jung considerava gli archetipi come una specie di “istinto mentale primitivo”, il quale come tutti gli altri istinti o bisogni, se seguito può dare soddisfazione, se negato può generare nevrosi. La dimensione archetipale generalmente rimane contenuta nella sfera onirica. E’ sempre presente latente in tutti i sogni, anche i più strani, ma diventa espressiva se amplificata da stati di tensione e di introversione psichica. Nell’alchimia orientale lo stato di introversione dell’energia fisica, psichica e mentale stimolato dall’immobilità corporea assunta nelle posizioni dello yoga, provoca l’annullamento del dualismo ego/anima e il risveglio dell’istinto mentale primordiale, il serpente kundalini che giace “addormentato” alla base della colonna vertebrale. Mentre le pratiche dello yoga (alchimia dell’anima) possono stimolare la sàkti, l’energia luminosa della Kundalini risvegliata (Ermete), la pratica del Tantra (Arte Alchemica o Alchimia della coscienza), quotidianamente praticata dall’artista durante le fasi di introversione creativa dell’energia sessuale, si traduce in un effettivo “viaggio di conoscenza” della verità umana attraverso gli archetipi. L’Odissea di Omero rappresenta il modello classico dell’Arte di evolvere in coscienza amplificando la comprensione degli archetipi per mezzo di immagini oniriche, mitologiche o visioni iperconscie. Odisseo è Nessuno, metafora di una precisa volontà di annullare l’azione per privilegiare la percezione, di zittire il pensiero in favore dell’intuizione e di azzerare ogni forma di speculazione verbale al fine di seguire il filo della contemplazione (Penelope) intesa come arte di “elaborazione consapevole degli archetipi”. Caravaggio segue istintivamente il “filo della conoscenza” attraverso un istintivo dispiegamento di archetipi che, come per magia e inspiegabile sincronicità, si impongono alla sua attenzione, spesso suggeriti dai committenti stessi o trasmessi sottilmente dai “mistici” con i quali viene in contatto. L’artista non li cerca. Come avviene per i sogni, le immagini si impongono alla coscienza attraverso le dinamiche del Sè istintuale. Diversamente da Leonardo, che utilizza una tecnica razionale di visualizzazione, elaborazione e creazione delle immagini mitologiche, Caravaggio non fa che raccogliere lungo il cammino i segni della sua trasformazione interiore. Caravaggio osserva le proprie opere, le confronta con quelle degli altri artisti, contempla di essere cambiato negli anni, di aver raggiunto una diversa maturazione della percezione simbolica (l’ermafrodito), dell’intuizione translogica (l’androgino) e della conoscenza di sé (Davide) e della natura umana dominata dal ‘potere territoriale’ generato dalla “libido mentale” (Golia). Nel 1598 realizza una prima versione di Davide e Golia. Davide, l’archetipo dell’intelletto dell’anima – Davide colpisce Golia nel centro della fronte e poi lo soffoca con un laccio, metafora di una precisa tecnica di annullamento dell’ego intellettuale. Le parole di Jung interpretano il gesto caravaggesco in chiave moderna : “Comprendiamo veramente ciò che pensiamo? In realtà, siamo capaci di comprendere solamente il pensiero riducibile a una equazione, da cui non esce altro che quello che ci abbiamo messo dentro. Così funziona l’intelletto.” Caravaggio dipinge i simboli della morte dell’intelletto compreso tra due parentesi tonde, quadre o graffe che siano. La mano di Golia mostra il sigillo (mudra) dell’annichilimento della razionalità attuato attraverso l’introversione della pulsione psichica creativa (l’indice ritorto vero il pollice) e segna sul fondo del dipinto la cifra III e il numero 8, a indicare che l’istinto mentale primordiale (III) ha generato una forza tale da influenzare il senso essenziale dell’esistenza. L’archetipo produce energia e la sua contemplazione risveglia l’istinto di pensare prima con la “nuca” e poi con i due emisferi superiori. Solo così l’artista può dare inizio all’Opera al Nero, a un processo consapevole di liberazione dall’ego e dalla libido mentale che lo sostiene. Jung prosegue: “Ma al di là di questo, esiste un modo di pensare per immagini primordiali (la nuca, il cervelletto, sede dei samskara primordiali), per simboli che sono più antichi dell’uomo storico; che dai tempi più remoti sono stati radicati in lui, che vivendo in eterno, al di là delle generazioni, costituiscono le fondamenta della psiche umana. E’ possibile vivere una vita piena solamente essendo in armonia con questi simboli; saggezza significa tornare ad essi. Non si tratta né di credere , né di conoscere, m a di fare in modo che il nostro pensiero sia in accordo con le immagini primordiali dell’inconscio.” (L’uomo moderno alla ricerca dell’anima, 1936). Il REBIS – Termine Alchemico nato alla fine del XVII secolo, per indicare l’Androgino (dal greco andros-uomo e gynè-donna).
L’Alchimia è l’arte per mezzo della quale nell’antichità, nel medioevo e ancora nel XVI e XVII secolo, si credeva di poter convertire i metalli in oro e di comporre medicamenti atti a guarire ogni malattia. Spiritualmente indica il cammino che ogni individuo deve compiere per trasformare la propria umanità (metallo), in Essenza, puro Spirito (oro). E’la rappresentazione dell’Essere Spirituale che ha raggiunto la perfezione: l’Unione, l’Armonia tra i principi maschile e femminile (“…quando il duo sarà uno sarete tutt’uno con il Padre mio che è nei Cieli”), il risultato finale dell’alchimista. L’Androgino indica l’Unità Originaria, la condizione dell’umanità prima della caduta iniziale (vedi Origine, caduta e percorso dell’Umanità). In questo stato di perfezione, che coincide con la stessa natura di Dio, risiedono tutte le diverse manifestazioni del reale . Il concetto di androgino si ritrova sia nella filosofia greca (Platone, Simposio), sia nei testi biblici (Libro della Genesi), nell’immagine allegorica della coppia adamitica prima della separazione di Eva dalla costola di Adamo. Nella mitologia classica l’Androgino assume le spoglie di ermafrodito, l’ibrido divino nato dall’amore di Ermes e di Afrodite (Mercurio e Venere). Per i suoi attributi di Potenza e di Sapere universale (in tutte le tradizioni esoteriche la forma più alta di Conoscenza è la ricongiunzione degli opposti nell’Unità Originaria), l’Androgino è sempre accompagnato come il sole e la luna, l’acqua e il fuoco, l’oro e l’argento; è portatore della Gnosi Iniziatica e dell’Amore Cosmico. Il Rebis è stato raffigurato in diversi modi. “Androgino nell’Alchimia” (di Rosarium Philosophorum- Arnaldo da Villanova XVI° secolo), si trova l’albero Cosmico o Universale che nasce in un giardino sorvegliato da draghi e serpenti e su cui crescono frutti preziosi d’argento e d’oro. Nell’immagine dell’albero è simboleggiata la vita, i frutti, le nostre azioni, i draghi e i serpenti invece, un ambiente difficile con pericoli e prove da affrontare, quindi, il Rebis rappresenta la riuscita sulle difficoltà, il superamento delle prove, la purificazione interiore attraverso il dolore e l’Unione finale. Sempre nella stessa raffigurazione vi è anche il pellicano che (dopo essersi ferito), nutre i piccoli con il sangue che sgorga dal suo petto; è la rappresentazione dell’Amore altruistico e del sacrificio di se’. Infatti l’iconografia cristiana ne ha fatto uno dei simboli più importanti del suo Insegnamento, perché ricorda il Cristo sulla Croce, immolatosi per noi e trafitto al costato da cui sgorgava sangue ed acqua (dal significato esoterico molto rilevante: l’Immanenza e la Trascendenza). Rebis: Termine alchemico coniato verso la fine del XVII secolo per indicare l’Androgino (v.), ovvero la congiunzione tra l’energia maschile e quella femminile. Designa anche l’Iniziato, liberato dalle passioni terrene. Il termine Re-bis indica la cosa doppia, contemporaneamente maschio e femmina. Il Mayer,
nell’Atlanta fugiens), scrive che “Vecchie leggende ascrivono al R. un essere doppio, l’Androgino, maschio e femmina in un solo corpo. Egli è stato generato sul monte Ermafrodito (v.). Generato a Mercurio dalla sublime Venere. Non disprezzarlo per il suo sesso ambiguo. Quest’uomo donna un giorno ti genererà il
re, cioè la Pietra Filosofale. Il Rimbaud sostiene che il R. non è una affatto mostruosità, essendo la sintesi statica delle componenti maschile e femminile, io ed un altro”. Y (Massoneria) Robert Ambelain (v.), una grande figura di Massone studioso del mistero, quale appendice al una delle sue opere più apprezzate, ha scritto il “Saggio su una figura di Basilio Valentino: il REBIS”.
Questo è stato ripreso, riveduto e commentato molto egregiamente da un anonimo Massone, indubbiamente dotto cultore delle dottrine esoteriche, membro della R. L. Umanità e Progresso – Krishna N° 43, all’Oriente di Milano, che ne ha ricavati un paio di volumetti informalmente editi in Milano nel corso del corrente fine secolo. Vi si sostiene che il R. sia simbolo della morte alchemica, che racchiude in sé un’intera dottrina, e che può essere considerato un paradigma di tutta l’Arte Reale ermetica.
L’Androgino alchemico viene rappresentato in piedi, appoggiato sul corpo del drago della natura, che a sua volta giace sul globo alato della materia prima. Compasso e squadra nelle mani dell’Androgino corrispondono al cielo ed alla terra, ovvero allo spirito ed alla materia, alla forza prima maschile ed a quella femminile. Sul lato maschile ed attivo si vedono Venere, Marte ed il Sole, su quello femminile e passivo Saturno, Giove e la Luna. Allo Zenit il Mercurio perfetto. Ad ogni aspetto attivo ne corrisponde uno passivo. Saturno regge un discendente passivo e Marte uno attivo, esprimendo il primo l’esaltazione dell’anima individuale, il secondo la vittoria dello spirito. Nella fase successiva Giove implica un dispiegarsi dell’attività psichica, mentre Venere corrisponde al sorgere del sole interiore.
Luna e Sole rappresentano i due poli nella loro purezza, e Mercurio comprende l’essenza di entrambi. Meno arcani i significati dei simboli racchiusi nel globo alato (1), nella croce (2), nel triangolo (3) e nel quadrato (4), congiuntamente richiamanti la Tetraktys (10) pitagorica. La scritta “REBIS” è rovesciata, ad indicare che l’intera figura va vista come immagine speculare di quella reale. Occorre infine notare che l’intera complessità del simbolo è racchiusa in una cornice ovoidale. Alchemicamente l’Uovo filosofico è sinonimo di Athanor e di Forno. Con esso si indica quella sensazione di interiorità che si forma spazialmente al centro del petto dell’artista quando questi, rilassandosi e concentrandosi sulla propria interiorità, riesce ad isolarsi dalla sensazione del proprio corpo e dall’esistenza di un qualsiasi mondo esteriore. Si tratta di una condizione di isolamento in cui tutto è abolito, e si resta unicamente coscienti di quel dolce tepore interno (il Fuoco della natura) che ci deriva dalla sensazione provata da chi si è raccolto e congiunto con sé stesso. Non viene percepito come un’idea od un’astrazione, ma come qualcosa di concreto, per cui si arriva alla percezione di quel dolce calore quasi fisico, che ci avvolge, ci cova, ci nutre e ci culla, proprio come un pulcino. Benché si capisca che tale sensazione siamo noi stessi, ci sentiamo comunque distinti da essa, come quando ci si parla da soli. Si tratta di un qualcosa di indispensabile, poiché rappresenta la concentrazione che si trasforma poi in meditazione, nonché l’inizio, l’avvio del complesso processo che porta verso la perfezione. L’Androgino Alchemico di Elémire Zolla – Ermete Trismegisto, il leggendario fondatore dell’alchimia, addita il mistero primordiale della natura, il principio del fuoco, che avvolge nella sua quadruplice fiamma gli opposti essenziali: sole e luna, maschio e femmina, zolfo e mercurio , che danno luogo all’unità androgina in ogni atto di concezione e nascita in natura. Essi circondano la terra concentrando su di essa le influenze astrali, e nel centro della terra si combinano in un triangolo, o piuttosto, tridimensionalmente, in una piramide, che è la forma del cristallo di sale (sia dei sali marini, sia degli allumi minerali, femminili). Il lato destro del triangolo corrisponde al principio sulfureo maschile, il lato sinistro al principio mercuriale femminile e la base del triangolo al principio salino. La figura contenuta all’interno allude alla quadratura del cerchio, simbolo dell’androginia. La progressione va perciò dal triangolo al quadrato e infine al cerchio. La natura opera nello stesso modo in tutti e tre i regni, quello aereo, quello vegetale e animale, e quello minerale, perché in ciascuno di essi l’armonia deriva dallo stesso accoppiamento di opposti, dalla stessa congiunzione dei principi solare e lunare . La congiunzione può essere raffigurata da un serpente (la natura) con la testa di leone (che divora il fuoco e la putrefazione) e la coda a forma di testa d’aquila (volatilità), nell’atto di estrarre da se stesso l’invisibile e impalpabile rugiada interna che dà compattezza agli elementi più sottili del corpo. In essa è racchiuso il potere del sole e della luna, che il serpente stringe fra le sue spire .
Il processo è triplice. Esso inizia con una fase androgina embrionale che, nel caso dei metalli, corrisponde all’impregnazione di un terreno nitroso e salino da una parte di un vapore corrosivo e acre (Zolfo e Mercurio). I due principi vengono raccolti insieme dalla luce solare che penetra nel terreno sotto forma di rugiada. La stessa rugiada che nutre la vita delle piante attiva questo processo di volatilità sotterranea. Il prodotto è detto “materia prima”, o “Rebis”, o “Androgino di Fuoco” (poiché entrambi i principi sono acri e brucianti), o “Adamo” (poiché entrambi sono il principio primo della generazione nel mondo minerale). Isaac Newton preferiva chiamarlo “Caos”. Paracelso, scherzando, lo chiamava l’”Albero-con-la-Mela” o “Seme Ragazza (sale) e Polpa Ragazzo (zolfo)” (il re e la regina accanto all’albero). La polpa col tempo marcirà o brucerà, per essere infine ricreata della sostanza della Ragazza (le lune). La radice di questo processo viene spesso indicata come il Drago Velenoso. Nell’Androgino vediamo una nuvola di teste caprine, dalle cui barbe si innalzano un ragazzo e una ragazza che si avvolgono a spirale intorno alle gambe dello stesso. Tale significato simbolico viene associato alla capra in India, dove la parola aja (“capra” in sanscrito) significa anche “non ancora nato” e dunque “natura” (che sottoterra è fetida e ribollente).
Perché non è possibile identificare questa sostanza con un unico nome? Perché essa non è necessariamente cinabro, o antimonio solforato, o alcun’altra sostanza in quanto tale. Cercare l’equivalente chimico dell’Androgino di Fuoco è dar la caccia ai fantasmi. L’androgino è una situazione globale, che “accade” quando il principio della luce, del sole e della luna, viene catturato da un terreno aspro e velenoso e comincia a fermentare. Nella seconda fase entrano in opera i vapori di salnitro, che corrodono e affinano l’androgino. L’androgino ora gonfia la terra e soffia via i vapori che l’hanno penetrata, purificandoli nel corso del processo e rendendoli fluidi. Questa fase viene detta il “bagno dell’androgino” o della coppia regale. Essa è seguita dalla terza e ultima fase, in cui dal marasma emerge una pasta vitrea e viscosa, detta la “Pietra dei Filosofi”, o la “Perla”, o l’”Occhio del Pesce”, o il “Primo Magnete”, perché attrae dal terreno circostante tutto ciò di cui abbisogna.
Gli alchimisti danno alla sostanza che compatta i principi femminile e maschile in natura il nome di “resina”, e ritengono che essa sia la forma energizzata del principio sulfureo. August Strindberg, nel suo trattato Antibarbarus (Berlino, 1894), descrive come individuare la resina nella trementina, nella guttaperca, nello zolfo comune riscaldato in una padella, e nell’oro nascente. La resina è semplicemente la dimostrazione di una perfetta amalgamazione dell’androgino, che dà luogo alla pura essenza fluida dell’oro (non si tratta dell’oro comune, che non è altro che la traccia nella materia inerte di una perfetta amalgamazione resinosa androgina). La figura tratta da Urbigerus mostra la sostanza androgina a sinistra nella sua prima fase, e a destra nella sua seconda fase dopo un bagno in quella che sembra essere resina che cola da un buco dell’albero (l’analogo dell’albero della vita nel mondo dei metalli). Il buco dell’albero può essere rappresentato anche come un leone verde che morde il sole, specialmente quando l’opera di trasformazione è compiuta sul regulus di antimonio. I vapori dell’androgino vengono raccolti allo stato fluido da una fornace in cui sono riprodotte le condizioni della seconda fase. Il processo è raffigurato da un uomo fiammeggiante (il minerale) e da una donna che addita il leone e il sole simbolici, e paragona l’estrazione dei fluidi all’ascesa della linfa in un albero.
La terza fase può essere rappresentata dalla nuova sostanza che riposa in grembo alla madre, da un embrione che gonfia il ventre dell’androgino dopo le abluzioni della seconda fase , o da un figlio androgino .
Si fornisce un’immagine globale della visione alchemica dell’operato della natura, sotto forma di due processi principali: a sinistra la calcinazione dei corpi e a destra la distillazione delle essenze (anime e spiriti). Ciò vale per tutti i regni naturali, ma è particolarmente facile da illustrare nel caso di una pianta. Gli oli eterici sono l’anima solare (zolfo) della pianta, l’alcol ne è lo spirito lunare (Mercurius). Questi due principi sono mostrati come maschio e femmina che entrano nella caverna di Ermes accompagnati dai loro leoni. La pianta viene schiacciata, gli oli vengono separati e gli spiriti vengono distillati in una storta (il pellicano). I vapori che s’innalzano sono rappresentati da un’aquila in volo verso il cielo, che li porta negli artigli come mondo dell’anima e mondo dello spirito. Nell’alto dei cieli, nella fase finale dell’opera, essi si fondono e formano la Colomba dell’amore perfetto.
Alla sinistra dell’albero della vita, il residuo oscuro della pianta, che resta sul fondo dell’alambicco (il corvo), viene cotto dal fuoco di Marte, U, finché perde il proprio carattere plumbeo (il segno di Saturno W) e acquista una sfumatura di stagno (il segno di Giove V) il colore argenteo della cenere (il cigno bianco). Le ceneri sono trattate con resine e fuoco, finché il loro sale libera la propria “umidità radicale” (come avviene per le ceneri usate nella produzione del vetro). Questa è rappresentata dal pavone con la coda costellata di occhi, e in maniera ancor più appropriata dalla Fenice, che si nutre di resine e si brucia per poter rinascere. La Fenice risorge dalle proprie ceneri portando negli artigli due mondi (la terra e il fuoco del processo) e, nella fase finale che ha luogo nell’alto dei cieli, diviene il puro agnello del sacrificio. Qui il corpo calcinato (la Fenice morta) viene saturato dalla tintura fluida (la Colomba morta), finché le due essenze si fondono nella Pietra della Pianta (la Pietra Filosofale), che è la pianta nella sua forma più pura ed essenziale. Shakespeare scrisse una poesia su questo tema, The Phoenix and the Turtle (La Fenice e la Colomba), in onore dei due uccelli morti e divenuti un’unica essenza.
Un disegno indiano allude all’eterno processo di androginizzazione vivificante che avviene nell’atmosfera, mostrandoci il congiungimento a mezz’aria dell’acqua e del fuoco. Secondo l’alchimia, l’umidità terrestre, sospesa nell’aria e impregnata dei raggi della luna, si scioglie nei raggi del sole dando vita a due essenze androgine sottili: Mercurius, l’essenza delle trasmutazioni, e il sale, agente della fissazione. Insieme, dopo aver dato vita alle piante sotto forma di rugiada, esse penetrano nella terra, dove diventano il seme dei metalli. Vale la pena di notare che il fuoco e l’acqua nel disegno hanno otto braccia: la fusione può avvenire solo tramite un doppio incrocio. In una società stabile i matrimoni incrociati fra cugini tendono ad essere istituzionalizzati, e corrispondono al passaggio di un’affermazione superficiale dell’androginia a una più radicale e totale. Ciò spiega forse anche perché l’anomalia dei gemelli siamesi ermafroditi, con i loro doppi organi sessuali in ordine scambiato, non è del tutto sgradevole all’occhio. Anche l’immagine rinascimentale dell’androginizzazione c’insegna la fusione tramite incrocio . La reciproca bramosia dei due opposti (simboleggiata dal cane) genera una spirale (rappresentata dalle spire del serpente, dalla catena tirata in direzioni opposte dai due cupidi e dal motivo delle viti avvolte sui loro sostegni nello sfondo). Ciò è possibile perché, mentre la spinta solare, raffigurata dai piedi alati dell’uomo, mantiene il maschio contratto nello sforzo (a ciò allude l’uccello con le ali chiuse che la donna innalza sopra la sua testa), la donna diviene volatile (com’è indicato dall’uccello con le ali spiegate che l’uomo regge sopra la testa di lei). La fusione androgina s’innalza a spirale solo in presenza di correnti incrociate, proprio come avviene per l’effettivo chiasma dei nervi ottici nel cervello. C. G. Jung ha sottolineato che in ogni intimo incontro fra un uomo e una donna vi è sempre uno scambio incrociato, che coinvolge l’uomo e la sua anima femminile, Anima, da una parte, e la donna e la sua anima maschile, Animus, dall’altra.
La Brhadaranyaka Upanishad (IV.3.21) dice che “come nelle braccia di una donna amata perdiamo ogni distinzione fra l’esterno e l’interno, così l’essere umano (purusha) abbracciato dall’assoluto onniscente (prajnatmana) è soddisfatto in ogni suo desiderio (kama);solo il desiderio dell’assoluto persiste, ogni altro sparisce, così come sparisce ogni dolore”.
La rappresentazione simbolica del matrimonio in Picta poesis di Barthélemy Aneau ci mostra quanto queste idee fossero vive nel Rinascimento europeo. Il marito e la moglie sono uniti da un nodo d’amore e si fondono nell’albero della vita, che è rappresentato anche dalla croce che essi formano con le braccia (Mosè e il satiro, sullo sfondo, rappresentano forse il controllo e gli impulsi, la Legge e la Natura). D. Cheney ha notato che la scena assomiglia all’incontro fra Amoret e il marito (che ci ricordano Salmacide ed Ermafrodito) in La regina delle fate di Edmund Spenser (libro III, ed. 1590). Britomart li osserva, “per metà invidioso della loro beatitudine” e “molto toccato dai loro spiriti gentili”: per metà Mosè approvante, per metà satiro adocchiante, ovvero, nel linguaggio di Spenser, in parte devoto di Diana, in parte donna tentata da Venere.
La fusione perfetta era simboleggiata dall’amore fra Ermes e Afrodite , dal quale nacque Ermafrodito. Michael Mayer commenta la stampa dicendo che Ermafrodito corrisponde al Parnaso, la montagna dalla doppia vetta dove Apollo soggiorna con le Muse e attraverso la quale passa l’asse del mondo. Ciò suggerisce la colonna vertebrale dell’Uomo Cosmico e il serpente Kundalini che snoda in essa le sue spire. Queste correlazioni fra unione sessuale ed essenza del cosmo in Occidente sono evocate solo tramite velate allusioni in trattati alchemici, come appunto quello di Mayer, ma nei templi dell’induismo esse erano insegnate apertamente.
Su un’incisione , Alberto Magno, maestro di Tommaso d’Aquino, indica un androgino che regge una Y. Alberto, ci dice il testo, rappresenta qui la suprema autorità sia spirituale sia temporale. La Y, come insegna Filone, è simbolo del Verbo che penetra l’essenza di tutti gli esseri. Gli gnostici Naasseni insegnarono che esso rappresenta l’intima natura dell’essere, che è insieme maschile e femminile e, in quanto tale, eterna.
Il globo di Khunrath rappresenta simbolicamente gli insegnamenti fondamentali dell’alchimia. Centro ed essenza della terra è il Caos, che qui appare come androgino (Rebis) che combina contrazione ed espansione, femminile e maschile in una spirale unificata. Esso è la forza creatrice della realtà. Gli opposti vengono agganciati e messi in movimento dall’essenza della luce, che prende la forma del principio della Salinità, di una bruciante acredine nelle viscere della terra. La spirale dell’androgino attivato produce la “Coda di Pavone” o “Arcobaleno”: materia fecondata ed energizzata, pronta a generare il seme dei corpi minerali e vegetali.
L’applicazione pratica di questa teoria viene suggerita dall’immagine dell’androgino sul fuoco . La materia prima androgina del regno minerale giace in uno stato di latenza, sotto un sole eclissato e una luna nuova. Per risvegliarsi e crescere, per ricevere i raggi invisibili del sole e della luna, e per trasformarsi in un seme minerale, l’androgino richiede il fuoco della fermentazione. Questo è il precetto generale. Nell’effettiva preparazione dei farmaci alchemici ciò significa che due sostanze opposte, come il mercurio e lo zolfo, devono venir saturate con certi succhi e poi macinate fino a formare una polvere nera e fine. Tale polvere viene racchiusa in un vaso sigillato e riscaldata a fuoco lento finché fermenta. In questa stampa i corpi congiunti rappresentano le due sostanze, l’oscurità che li circonda è il vaso alchemico, la graticola il “calore di fermentazione” necessario perché la trasformazione possa avvenire. Ancora oggi è possibile vedere questo processo in atto in ogni laboratorio per la produzione di medicine ayurvediche in India. Gli addetti praticano di quando in quando un’apertura nel recipiente per esaminare il grado di trasformazione delle sostanze in esso contenute, indicato dai cambiamenti di colore. Nei testi alchemici occidentali questa fase del processo è simboleggiata dalla Coda di Pavone che si dispiega sopra l’androgino. Per il mistico, ciò che accade nel recipiente sigillato è la Genesi stessa in scala ridotta. Il processo fu visualizzato in questi termini da Jacob Boehmen in Von der Gnadenwahl (1623): “Adamo, rivestito della suprema Gloria, né uomo né donna, bensì entrambi, temperato con entrambe le tinture, sia come Matrice Celeste nel fuoco procreatore dell’amore, sia come Mascolinità affine al fuoco essenziale” (5:35).
Il processo alchemico di fusione tramite fermentazione è qui rappresentato da un re e una regina che giacciono fianco a fianco, con le loro anime che si librano sopra i corpi nudi . Il fine del processo è lo stesso che si proponevano le coppie di asceti del cristianesimo primitivo: liberare i principi che animano l’essere umano tramite fermentazione e fusione dei corpi sottili.
La materia prima androgina è rappresentata sopra un’urna, le cui quattro sezioni rappresentano i quattro elementi. Le ali ne denotano l’incipiente volatilità, dovuta alla reazione che coinvolge l’energia solare, centripeta, e l’energia lunare, centrifuga (il re e la regina), in un processo spirale di fermentazione. Riassumendo il simbolismo del disegno: i principi solare Q e lunare R, compenetrandosi sopra la croce degli elementi + , formano il segno di Mercurio S con le ali della volatilità rivolte verso l’alto.
Le illustrazioni dei testi alchemici ci indicano come gli alchimisti interpretassero l’operato segreto della natura. Questo va dalla fase di ingiallimento (citrinitas) della materia prima alchemica o Uovo Filosofico al regulus (“reuccio”) di antimonio. Il regulus è il metallo purificato per riduzione, che si deposita sul fondo del crogiolo. Il regulus stellare di antimonio è noto per la facilità con cui si combina con l’oro. Il disegno alchemico ne riproduce la struttura, associandola allo spirito dell’oro che anima il regulus a livello sottile, rappresentato dai movimenti del serpente. La forma a stella del regulus di antimonio evoca la stella Regulus, situata nel cuore della costellazione del Leone. È perciò forse l’antimonio il leone, il re dei metalli?
Isaac Newton lavorò con il regulus di antimonio, confidando che esso contenesse un forte principio sulfureo, lo Zolfo Filosofico. Lo mescolò con l’argento, ottenendo una massa plumbea che egli ritenne essere una materia prima androgina. A questa massa aggiunse mercurio, affinché estraesse dall’aria Mercurius, lo spirito liberamente fluttuante di ogni trasmutazione.
Newton si attenne scrupolosamente alle criptiche istruzioni dei testi: “dovrai passare attraverso il ferro”, “il ferro era presente nel minerale grezzo originario”, “dovrai usare un magnete”. Mediante una coppa di antimonio è possibile preparare un farmaco in quantità illimitata, semplicemente versando acqua nella coppa: l’antimonio, come un magnete, s’impregna delle influenze libere, vivificanti dell’aria. “Dovrai usare del piombo”: Newton ottenne un Piombo Filosofico. Quando alla fine mescolò dell’oro al suo preparato, all’interno dei vasi sigillati posti sulla fiamma vide alberi ramificarsi, apparire e scomparire, e divampare colori iridescenti, che nel disegno alchemico sono rappresentati dai movimenti circolari del serpente.
B.J.T. Dobbs (The Foundations of Newton’s Alchemy, or the Hunting of the Greene Lyon, Cambridge/New York, 1975) spiega l’esperienza di Newton dicendo che egli vide formarsi e dissolversi “composti intermetallici instabili”. Gli alchimisti invece avrebbero descritto la stessa esperienza dicendo che Newton aveva lavato l’Androgino di Fuoco, il quale dispiegò quindi il suo “arcobaleno” o “Coda di Pavone”.
Unità: la nascita e il serpente
William Blake diede voce a una tradizione diffusa e particolarmente viva presso gli alchimisti, immaginando che la materia visibile sia preceduta da una fermentazione invisibile, nel corso della quale il principio maschile della luce e del tempo ruota come una “spada fiammeggiante” entro il velo di neve e ghiaccio del principio femminile, che rappresenta l’essenza dello spazio. Il gelido velo o la solida crosta dell’aspetto femminile della materia primordiale costituisce l’aspetto visibile del reale, l’illusione cosmica o maya. Tutto ciò può essere rappresentato come un uovo, il cui tuorlo corrisponde al principio maschile del sole e del tempo (che altro non è che l’ombra gettata dal sole su un quadrante), mentre l’albume e il guscio visibile corrispondono al principio femminile dello spazio. Nel disegno alchemico l’uovo diventa il globo, l’albume la polpa vegetale, il tuorlo il sole, raffigurato qui come la testa maschile dell’androgino, i cui piedi femminili sono immersi nell’elemento acqua, in fondo alla valle, o utero, situata fra le due colline del fuoco (la salamandra) e dell’aria (le aquile). L’Uomo Cosmico appare come il bambino, replica del globo androgino .
La stampa di Blake tratta da For the Children: The Gates of Paradise (Per i bambini: le Porte del Paradiso), ci mostra l’Uomo Cosmico o Uomo Eterno come Eros alato che esce dal guscio dell’uovo, riecheggiando la tradizione greca che vede in Eros il dio dell’origine della vita . Blake gli mette in bocca queste parole:
“I rent the Veil where the Dead dwell:When weary Man enters his Cave He meets his Savior in the Grave.
Some find a Female Garment there, And some a Male, woven with care”.
“Io squarcio il Velo che avvolge i Morti: lo stanco Uomo, entrando nella sua Caverna incontra il suo Salvatore nella Tomba. Colà alcuni trovano un Abito Femminile, altri un Abito Maschile, tessuti con cura”.
L’incontro con due serpenti accoppiati è presso molti popoli il più favorevole degli auguri. Nel mito di Tiresia un tale incontro segna l’inizio del destino di androgino e veggente del protagonista. Nello yoga e nel tantrismo il motivo dei serpenti allacciati rappresenta il perfetto equilibrio delle energie interne. Formicolii della spina dorsale, serpenti eretti e falli in erezione sono fenomeni imparentati fra di loro. Una nota acuta produce un brivido lungo la spina dorsale; e una melodia che si snoda a spirale, suonata da un flauto, ritmata da un tamburo o ballata da agili e leggiadre membra, fa alzare sia i serpenti sia i falli. La particolare e completa estasi dell’androginia è simboleggiata dal caduceo che, in quanto rappresentazione dell’accoppiamento di serpenti, denota la corrispondenza, sezione per sezione, dell’essere androgino con il cosmo.
Nella tradizione occidentale, Giordano Bruno, in De immenso et innumerabili (VI,5), descrive la compenetrazione di serpenti accoppiati come emblema dell’amplesso fra il Sole-Dioniso e la Terra-Cerere. I raggi solari, egli dice, penetrano nell’utero dell’umidità terrestre per raggiungere eternamente il femore stesso della madre cosmica. Il femore è l’osso con cui si fanno i flauti.
Entrare in rapporto con questo nucleo della vita cosmica è il fine dell’adepto, sia come alchimista sia come mistico. L’adepto s’identifica con Mercurio, il fluido principio androgino della realtà. Mercurio dapprima è assopito e si astrae dal mondo della veglia per sognare i giusti sogni . Il suo corpo sottile emerge dal suo inguine come un caduceo (indicazione anche del sonno REM, in cui si producono erezioni). Sopra di lui aleggia il principio della luce e del calore. Nella fase successiva lo vediamo incoronato, con il caduceo perpendicolarmente eretto che va a toccare il centro del cuore, dove il sole e la luna si congiungono androginamente. Un piede poggia sulla terra, l’altro sul fuoco. Nella terza immagine la trasformazione è compiuta: Mercurio è ora il perfetto androgino e regge il globo imperiale nella mano sinistra e il caduceo nella destra. Il caduceo è ora esternato e conferisce armonia non solo all’uomo interiore, ma anche al mondo esterno. Saturno e la Luna, Giove e Mercurio, Marte e Venere si fondono finalmente l’uno nell’altro e tutti insieme in un’unità, e Mercurio li porta, come un mazzo di fiori, dentro le viscere della terra, dove diverranno le anime rispettivamente del piombo e dell’argento, dello stagno e del mercurio, del ferro e del rame, formando una spirale che culmina nell’oro solare.
Il Mercurio di Agostino di Duccio ci appare all’apice del suo potere. I dettagli di questa immagine devono essere stati suggeriti dagli ermetici che si erano raccolti alla corte di Sigismondo Malatesta. Le stelle sullo sfondo alludono all’armonia delle sfere; il bastone magico guida le anime nella discesa e nella risalita dalle profondità della terra; il gallo della vigilanza è appollaiato sul piede sinistro; il cappello conico della magia s’innalza verso il cielo sul capo dell’androgino, e le nubi che gli fluttuano intorno alle ginocchia suggeriscono, come ha osservato Adrian Stokes (The Stones of Rimini) il moto elicoidale di un vortice che s’innalza. Il piede destro, maschile, poggia sulla roccia con cui è possibile accendere il fuoco, mentre il piede sinistro, femminile, è immerso nelle femminili acque.
La saggezza, in greco sophia, rappresenta il legame fra l’Unità Divina e gli archetipi ideali della Creazione. Certi teologi russi hanno ravvisato in Santa Sofia la Quarta Persona di Dio. Come esperienza di vita, in tutta la storia del cristianesimo, dai primi gnostici ai recenti sofianisti russi, Sofia rappresenta lo struggente desiderio di una pace e di una grazia oltremondane, simile, secondo il tradizionale paragone degli gnostici, all’indefinibile nostalgia provata dal figlio di un re che vive, ignaro delle sue origini, in povertà. Teologicamente Sofia è lo specchio di Dio e, nel contempo, lo specchio della pura consapevolezza per gli uomini. Essa è femmina in rapporto a Dio, ma androgino in rapporto all’umanità. Vladimir Solovev, il grande sofianista russo dell’Ottocento che evocò Sofia come sfida allo Spirito dell’Umanità del pensiero positivista, vedeva la mascolinità di Sofia manifestarsi in Gesù e la sua femminilità in Maria.
L’immagine di Sofia compare a Novgorod nel Mille, ma può forse provenire da Bisanzio. Il suo aspetto infuocato deriva forse dalle descrizioni dell’Arcangelo Purpureo della Suprema Illuminazione contenute negli scritti dei neoplatonici persiani. Nella mano sinistra tiene il caduceo e con la mano destra si stringe al seno una pergamena contenente i segreti esoterici. Alla sua destra è la Vergine incinta del Bambino, alla sua sinistra san Giovanni Battista. Questi due assistenti, i due canali che trasmettono la sua influenza al livello della effettiva manifestazione, sottolineano entrambi la trascendenza delle divisioni sessuali .
L’androgino, o Rebis alchemica, è alato come Sofia ed è in tal senso una personificazione della saggezza cosmica. Un’ala è rossa e l’altra bianca, a indicare gli spiriti dell’oro e dell’argento, del sole e della luna, del sangue e del latte del corpo vivente della natura. Indossa un abito nero bordato di giallo, che suggerisce il nero della materia prima androgina in cui tuttavia sono presenti in potenza le correnti della vita metallica aurea. Il verde del paesaggio è il prodotto della mescolanza dei colori di Rebis. Egli/ella regge con la mano destra un cristallo, in cui i suoi colori appaiono in successione convergente al centro, dove va collocato l’uovo o seme minerale che l’Androgino porta nella mano sinistra, lunare. Secondo la teoria alchemica, lo spirito lunare agirà nell’uovo, provocando la putrefazione della calce spenta della terra, fino ad attivare in essa il nucleo solare latente che risorgerà allora in un corpo cristallino vivo e capace di crescita, così come l’acredine del fuoco provoca la putrefazione delle morte ceneri e della sabbia in un fluido vivente che diviene infine vetro . L’Androgino e l’eterna ricerca dell’Unità “LO STATO ANDROGINALE GLORIOSO” di Gregorian Bivolaru – L’androgino primordiale è un’immagine di riunificazione degli opposti polari, elementi complementari e perfino contraddittori dell’essere umano. Esso realizza anche la fusione plenaria degli aspetti complementari dell’essere umano e rappresenta il suo stato originario. Ciò spiega perché “l’uomo universale” in principio è rappresentato attraverso l’unione di Adamo-Eva (che ha lo stesso valore numerico di Allah, mostrando così la sua similitudine con la Suprema Identità), che vuol dire che l’uomo è stato creato inizialmente maschile (uomo) e femminile (donna), o, altrimenti detto, nel significato attuale del termine, in uno stato androginale che esiste come embrione nel suo universo interiore. Proprio per questo motivo, possiamo dire che lo stato androginale è lo stato umano completo, nel quale gli aspetti complementari, lontano dall’opporsi, si bilanciano reciprocamente in maniera ideale. Di conseguenza possiamo notare che la Suprema Identità è quindi già virtualmente realizzata, in un certo senso, nello stadio Edenico. L’androgino, realizzando l’unione armoniosa degli aspetti complementari, è simboleggiato dalla forma sferica che è la meno differenziata tra tutte le figure geometriche, in quanto si estende simultaneamente in tutte le direzioni. Inoltre, questo è il motivo per il quale i Pitagorici la consideravano la figura geometrica perfetta, che rappresenta la Totalità Universale. Notiamo anche la somiglianza della figura dell’Androgino con il Rebis Ermetico dalla Scienza Segreta dell’Alchimia, che è composto da un corpo con due teste, una maschile (+) e l’altra femminile (-) e rappresenta l’essere umano perfettamente integrato nella totalità delle potenzialità umane e naturali, pronto ad ascendere verso stati superiori, divini della Manifestazione. L’androgino primordiale si limita a rappresentare un aspetto, o, in altre parole, è una figura antropomorfica dell’Uovo Cosmico, che incontriamo all’inizio di ogni cosmogonia ed alla fine di ogni escatologia, perché nei punti alfa ed omega del mondo e dell’essere manifesto si nasconde la pienezza dell’unità fondamentale, dove i contrari si fondono nell’unità, sia che siano solo potenzialità, o che sia stata compiuta la loro integrazione finale. Mircea Eliade cita numerosi esempi del genere, dalle religioni Greca, Egiziana, Iraniana, o da quelle Nordica, Cinese o Indiana. È quindi naturale che questa immagine di unità primordiale, una volta applicata all’uomo, acquisisce un’espressione sessuale, spesso descritta come la prima innocenza o virtù, come l’età d’oro che deve essere riconquistata. La mistica di tutte le correnti spirituali autentiche lo dicono chiaramente: la dualità del mondo nel quale viviamo è apparente e falsa, illusoria, ingannevole. Cadere nella sua schiavitù è lo stato di peccato, e la salvezza esiste solo nella fusione perfetta con la divina Realtà, che è il ritorno all’unità fondamentale. Questo è il significato del lamento del fusto del giunco, che viene sradicato dal terreno, nel preludio del famoso poema “Mathnavi” del più importante poeta mistico dell’Islam, Djalad ed-Din Rumi. La prima divisione, che a livello cosmico crea, cioè differenzia il giorno dalla notte, il Cielo dalla Terra, è simile a quella dei principi YANG (+) e YIN (-), che aggiunge a questi contrari fondamentali quelli del caldo e del freddo, su e giù, maschile e femminile. Nel “RIG VEDA” l’androgino appare nella figura della mucca che dà latte che è allo stesso tempo anche il toro divino dal seme vigoroso. Dall’uno nasce il due (YANG e YIN), dice il Tao. E allo stesso modo l’Adamo divino, il primo, che non era un uomo ma un perfetto androgino, diventa Adamo ed Eva. L’androgino è spesso rappresentato come essere doppio che ha simultaneamente gli attributi dei due sessi ancora uniti, ma sul punto di separarsi. Questo e ciò che chiarisce prevalentemente il significato cosmogonico della scultura erotica indiana. Quindi, Shiva, divinità androgina, poiché si identifica con il principio informale della Manifestazione, è spesso rappresentato mentre tiene possentemente tra le braccia Shakti (l’Eterno Femminino), dai seni grandi e sodi, che emana uno stato di agitata femminilità, il suo stesso potere rappresentato come divinità femminile. Si possono notare tracce di androginia anche in Adone, Dioniso, Cibele e Castore e Polluce, che evocano Izanagi e Izanami della tradizione giapponese. Gli esempi si possono moltiplicare all’infinito, perché alla fine ogni divinità – le antiche teogonie greche lo provano in pieno – è bisessuale, da cui la mancanza del bisogno di un amato o di un’amata polare per procreare o per l’amore. Questo misterioso androgino, che contiene una moltitudine di poteri psicomentali straordinari rappresenta – come sottolinea Mircea Eliade più volte – la totalità dei poteri paranormali benefici vitali, psichici, mentali e spirituali, uniti ed ora perfettamente consolidati nello stesso essere umano che combina e sintetizza le qualità dei due sessi. L’androginia è un segno della realizzazione della totalità, questo accade sia alla fine che all’inizio del mondo. Secondo la visione escatologica della redenzione, attraverso il raggiungimento plenario dello stato di Androgino, l’essere umano riconquista davvero il cielo, la pienezza divina, nella quale la separazione dei sessi si annulla. Quindi, è questo che evoca il mistero della coppia unita da amore frenetico, profondo, e del matrimonio, in innumerevoli testi segreti tradizionali, rendendo così una cosa sola l’immagine di SHIVA abbracciato a SHAKTI. Alla luce di queste rivelazioni, possiamo intuire il modo in cui due amati raggiungono il primo passo verso lo stato di ANDROGINO quando nei giochi amorosi tantrici estatici, con la perfetta pratica della continenza sessuale, essi assaporano vicendevolmente le rispettive secrezioni intime e perfino l’urina. Tuttavia, la concezione universalmente accettata dell’unità originaria, che l’uomo riottiene dopo la morte, dopo aver abbandonato questo mondo (materiale) , si accompagna anche, nella maggior parte dei sistemi cosmogonici, alla necessità imperiosa della totale differenziazione dei sessi nel nostro mondo, perché anche qui le credenze antiche si incontrano con la maggior parte delle scoperte attuali della biologia: l’essere umano non è mai nato completamente polarizzato dal punto di vista sessuale. Il fatto che l’essere umano sia uomo e donna allo stesso tempo, sia nel corpo fisico che a livello dei principi vitale, psichico e mentale, rappresenta una legge fondamentale della Creazione, e questo è affermato dalle tradizioni millenarie della spiritualità. Da qui derivano anche le spiegazioni più diffuse della circoncisione barbarica e dei riti di escissione, che sono motivati dall’integrazione permanente nella comunità dell’adolescente come adulto, rappresentando il clitoride una specie di reminiscenza dell’organo virile ed il prepuzio dell’uomo una reminiscenza femminile (-). Questo è il significato della ierogamia cinese di FU-HI e NIU-KUA, uniti attraverso le loro code di serpenti (e, cosa più importante, scambiando vicendevolmente i loro attributi, a volontà). È lo stesso significato del Rebis Ermetico, che è contemporaneamente Sole e Luna, Cielo e Terra, essendo essenzialmente uno, sebbene apparentemente doppio, essendo allo stesso tempo Zolfo e Mercurio. I simboli indù e tantrici si riferiscono soltanto all’androgino primordiale, ma anche il ritorno finale glorioso ed un ritorno dell’essere umano a questa non-differenziazione, a questa Unità Divina il più velocemente possibile. Una simile integrazione totale e gloriosa costituisce l’obiettivo finale delle pratiche psicosomatiche dell’HATHA YOGA e di quelle amorose del TANTRA YOGA.La fenice cinese, simbolo di rigenerazione, è non a caso ermafrodita. L’unificazione del seme e del respiro per la riproduzione dell’Embrione dell’immortalità avviene proprio nel corpo dello yogi. Il ritorno allo stato Divino primordiale e la liberazione graduale dalle contingenze cosmiche è semplicemente, sebbene raggiunto spontaneamente attraverso la coincindentia oppositorum e la realizzazione dell’Unità iniziale, la miscela dei principi MING e SING (YANG e YIN), come dice l’alchimista cinese, che non sono altro che le due polarità dell’essere (+ e -). Perciò Platone ricorda uno dei miti dell’androgino nel “Simposio” : “Questo era allora chiamato androgino, perché il suo aspetto, come il nome, contiene una parte maschile ed una femminile”. Sia che questo mito venga evocato in alcuni testi segreti cabbalistici sullo stato androginale di Adamo, sia che sia contenuto nella dottrina misteriosa degli Gnostici Cristiani, l’androginia è rappresentata come uno stato iniziale divino, che deve essere ottenuto di nuovo. L’uomo e la donna, nella loro forma primitiva formano, secondo una tradizione, un corpo unico provvisto di due volti. DIO li ha separati, dando ad ognuno una schiena. Soltanto d’ora in poi l’uomo e la donna iniziano un’esistenza differenziata. Dire – secondo il mito della Genesi – che Eva è nata da una costola di Adamo attualmente significa che l’intera umanità era in origine non-differenziata (era un perfetto e divino ANDROGINO). Diventare uno (ANDROGINO) attraverso l’amore frenetico, uno che unifica simultaneamente in sé sia il maschile che il femminile è attualmente lo scopo della vita umana. Origene e Gregorio di Nissa distinsero nel primo uomo, per niente a caso creato ad immagine e somiglianza di DIO, un perfetto androgino. La Divinità a cui l’uomo è invitato a partecipare gli ha fatto e deve ancora fargli riottenere la propria androginia, perduta da Adamo il separato e riscoperto dal nuovo Adamo, il glorificato. Scoprendo la divina androginia come una delle caratteristiche della perfezione spirituale, nella Lettera di San Paolo e nel Vangelo di Giovanni, Mircea Eliade scrive: “Invece, diventare uomo e donna allo stesso tempo, o essere né uomo né donna, oppure proprio uomo o proprio donna attualmente rappresenta l’espressione plastica fondamentale attraverso la quale il linguaggio si sforza di descrivere la metanoia, la modificazione affascinante, lo sconvolgimento totale dei valori. Essere simultaneamente e permanentemente uomo e donna è paradossale come il fatto APPARENTEMENTE IMPOSSIBILE di ritornare bambino, di nascere di nuovo, di passare attraverso il passaggio stretto”. (METANOIA = termine che viene dalla parola greca METANOEIN che significa la trasformazione dell’essere umano attraverso la penitenza. Questa parola indica, in lingua corrente, un processo di trasformazione spirituale, il riorientamento in una direzione benefica del corso della vita dell’essere umano, o penitenza). Il maschile ed il femminile non costituiscono, attualmente, che uno degli aspetti della molteplicità degli opposti che sono chiamati a riunirsi di nuovo. Questo raggiungimento dell’androginia dovrebbe essere studiato anche nel regno minerale e vegetale, che a loro volta conoscono la divisione in maschile e femminile, secondo la prospettiva alchemica. Qualunque opposizione è destinata in finale ad essere annullata attraverso l’unione del celeste (+) con il terrestre (-).
Questa unione che dona felicità, che risveglia affascinanti poteri paranormali (SIDDHI) nell’essere umano può essere raggiunta velocemente e con successo solo da un perfetto uomo iniziato che è permanentemente orientato in senso benefico, che controlla perfettamente il potenziale creatore-sessuale ed i cui poteri occulti devono essere esercitati SOLO nel bene, sia sul MICROCOSMO, e sia sul MACROCOSMO, quando egli interferisce o, in altre parole, quando si trova in uno stato ineffabile di RISONANZA OCCULTA con esso. (da: Libretto Raduno Internazionale di Yoga 2010)