Yoga o Yega?

Yoga o Yega (ego + yoga)?
Cominciamo con sfatare il mito delle controindicazioni nella pratica Yoga: non esistono controindicazioni ma esistono semmai delle precauzioni e, comunque, resta ben inteso che gli asana, il paranayama, la meditazione e i kriya, possono essere praticati da tutti dai 7 anni in su a patto che a monte ci sia un approccio serio. Quando si parla di precauzioni intendo affidarsi ad un maestro o ad insegnante che si sia adeguatamente preparato in ciò che concerne l’anatomia e la fisiologia umana, che sia orientato allo studio costante e, cosa molto importante, che testi quotidianamente il metodo Yoga durante la sua pratica quotidiana poiché la saggezza dell’insegnamento è esclusivamente frutto dell’esperienza acquisita in prima persona. L’unica controindicazione, semmai, è quella di snaturare lo Yoga in quanto tale, ad appannaggio dell’aspetto egoico pubblicando sui social foto di posizioni a dir poco circensi (senza nulla a togliere ai circensi ma è un’altra questione). Questo tipo di visione dello Yoga sì che possiede controindicazioni poiché spinge le persone all’aspetto superficiale degli asana che spesso vengono praticate in modalità che possono generare danni nel tempo al corpo. Al contrario invece, sotto la guida di un’insegnate che conosce realmente lo Yoga, puoi praticare anche se hai problemi alle articolazioni, qualche difficoltà o rigidità muscolare, giacché esso saprà personalizzarti la pratica con le opportune modifiche e laddove necessario con l’ausilio di supporti, affinché tu possa con un lavoro costante apportare dei notevoli miglioramenti ed imparare ad ascoltare il tuo corpo anziché ridurre la posizione a mero esibizionismo. Tutti possiamo essere nello Yoga e sentirci parte del flusso. L’ego spropositato oltre a danneggiare la persona in se, danneggia la più antica disciplina al mondo, lo Yoga è scienza vera e propria e la sua applicazione è frutto di serietà, studio e disciplina, l’approccio corretto è la sua applicazione costante fino a quando scopri il meccanismo giusto e quando senti che tu stai cambiando dovrai di nuovo riapplicare lo studio, la riscoperta e ricominciare di nuovo. Il metodo non ti cura da tutti i mali ma ti insegna ad essere medico di te stesso e non solo: ti fornisce gli strumenti per diventare tu stesso la tua cura. Lo Yoga stesso è la risposta e un insegnate che si rispetti non utilizza la sua posizione avanzata e sorprendente per creare discepolato o dipendenze, per affermare se stesso. Lo stupore del dimostrare del sorprendere è ego di bassa lega. Un insegnate che si rispetti è prima di tutto preparato senza tuttavia interrompere la sua preparazione, ti fa vedere come puoi fare a seconda delle tue possibilità ma lascia che sia tu stesso a compiere il lavoro. Lo Yoga potrà cambiarti se lo lasci entrare davvero se lo lasci agire davvero senza lasciare spazi senza trattenere senza frenare, allora lo utilizzerai in modo totale senza perdite di tempo. I mantra troppo spesso infatti indicano uno stato di abbandono sincero autentico per lasciarsi trasportare senza perder tempo. Così la vita dell’essere umano, a meno che non sia l’essere umano stesso con il suo ego a deformare lo yoga, cambierà Davvero in meglio. (da M. Cadenazzi)

L’ego nei praticanti di yoga
Che succede se il praticante si dedica allo yoga portando tutto l’ego sul tappetino ovvero senza “dimenticarsi di esistere”, diremmo, parafrasando un frammento del Tao te ching? Possono verificarsi molte situazioni, tutte vicine al concetto di equilibrio non inteso come bilanciamento curativo basato sull’auto-ascolto, ma come ricerca di perfezione a tutti i costi. Una lezione, ad esempio, può trasformarsi in una fiera di vanità: corpi poco vestiti, uno sguardo fugace al vicino di mat per cercare sul suo volto una qualsiasi espressione di fatica durante l’esecuzione di un’asana impegnativa, fugaci occhiate allo specchio per controllare se la ciocca è a posto, se la pelle è lucente. A lungo andare il praticante dimentica il progresso personale, naufraga nell’insicurezza, trascura la velocità delle proprie cellule, che hanno una memoria. Il corpo registra, ma la rivalità con gli altri praticanti ha la meglio e spesso è mascherata da sorrisini simili alle espressioni che accompagnano il silenzio stampa e si traducono in una cordialità impeccabile, fredda, frigida. Altri praticanti vanno invece in una direzione altrettanto interessante, che si colloca esattamente sul versante opposto: diventano preda di un brusio interiore che non è la voce profonda di tutto quel che ci abita, no. Al contrario, è un ronzio che non ha soluzione di continuità, investe ogni azione e si origina da un incontro micidiale di due semplici lettere che sono la terza e la quarta delle vocali dell’alfabeto. Io. io, io, io, ripetute come anafora letale. Io sono, io credo, io mangio, io faccio, io pratico, io cambio, io evolvo, io mi sento, io voglio insegnare, io ho capito, io medito, io.

L’ego negli insegnanti: tradire l’arte sacra della trasmissione
Che accade se è l’insegnante a crogiolarsi nella palude dell’ego? A farsi schiavizzare dalla sua persona, intendendo il termine nella sua accezione etimologia collegata alla maschera che gli attori del teatro greco e latino indossavano sulla scena? L’ego vince lo yoga. Grave, perché l’insegnante finisce con il tradire l’intenzione genuina dei praticanti sinceri. Grave, ma non così grave, se consideriamo che tra maestri e allievi si attiva una sorta di attrazione magnetica. Se l’insegnante è un pupazzo, un direttore di orchestra che esegue gesti bellissimi e vuoti, i praticanti saranno esecutori senza mani o senza fiato o musicisti che imbracciano strumenti senza corde o tasti. La selezione è naturale, fisiologica, avviene per affinità elettiva. Come può un allievo alle prime armi riconoscere un insegnante schiavo della sua maschera? Piano piano, lezione dopo lezione, la selezione magnetica farà il suo corso. Una volta un saggio agopuntore ha detto: “Hai una mela. Ti va di mangiarla. Dentro ci sono i semi e in alcune parti qualcosa di marcio. La devi mangiare tutta per forza?” Sia chiaro, quindi, che non vogliamo scoraggiare chiunque si appresti alla pratica. Suggerire qualcosa, forse. Se vi accingete allo yoga, non dovete abbandonare appena sentite forti avvisaglie di ego da parte dell’insegnante. Forse è in quel momento che dovete fare i conti con voi stessi e vedere chiaramente quanto di valido c’è prendere e quanto da lasciare indietro, perché estraneo all’essenza dell’insegnamento. (da E. Cappelli)