yoga la lezione perfetta

Nel corso degli anni mi sono chiesto che composizione dovesse o potesse avere una lezione di yoga. Al di là di quelle che sono le cosiddette scuole, così come sono approdate alla cultura occidentale come quelle più note di Pattabhi Jois con il suo Ashtanga Vinyasa Yoga , Iyengar con l’uso di vari accessori, Sivananda più tradizionale, o Yogananda che danno delle sequenze da seguire delle indicazioni. Provenendo dalla scuola Sivanada, avendo fatto la formazione come insegnante in quel contesto, mi sono ispirato a quel modello prendendone dei riferimenti, ma senza però dimenticare cosa impossibile, tutto il lavoro fatto come didatta di yoga, meditazione e teatro fino a partire dal 1977. Ecco che insegnare precede una tendenza che non finisce mai, poiché bisogna sempre imparare seguendo il sacro fuoco della creatività che anima questo percorso. La lezione perfetta è forse un’utopia che si insegue poiché non esiste qualcosa di perfettamente assoluto, ma qualcosa che invece viene meglio o peggio secondo tutte quelle che sono le varianti che concorrono alla formazione di un rituale, evento o dir si voglia chiamare. Una giornata è fatta di tante cose che vanno a concorrere alla lezione come risultato di un flusso. Quindi seguire degli schemi è fondamentale, così come mettere insieme gli insegnamenti che si ricevono da tutti i corsi e le scuole che si vanno a fare negli anni, ma anche negli incontri, nel vedere con umiltà e nell’apprendere con devozione e senso di apertura sempre disponibile. Per quanto mi riguarda ho fatto corsi e stage seminari di moltissimi tipi, dal teatro alla danza, dallo yoga alla meditazione, dall’alchimia all’iconografia, dal tiro con l’arco al canto indiano, dalle arti marziali cinesi e giapponesi non sentendomi mai arrivato, perché non c’è nessun arrivo da raggiungere. Credo che quindi le mie lezioni siano una sintesi di tutto quello che ho appreso, come è normale che sia per tutti. Si fa una sintesi delle esperienze come se si filtrassero tutte quelle parole e gesti e movimenti, si assumono così caratteristiche rielaborate tanto da apparire nuove. Ogni scuola, quindi, in funzione delle esperienze fatte, viene a togliere o aggiungere qualcosa che la caratterizza, che la rende unica a e particolare. Ecco che culture indiane, cinesi, giapponesi, sudamericane o di altre parti del mondo, vengono ad incontrarsi nelle esperienze vissute, per formare una nuova visione di insieme, una nuova proposta, che non è altro che il montaggio dovuto all’incontro di: umori, civiltà insegnamenti e tutto ciò che si riesce ad apprendere secondo le proprie capacità. Qual è allora la visione e la strada da seguire in questa sintesi alchemica di esperienze? Qual è la scelta che senz’altro non potrà essere mentale anche se deve seguire una scaletta per avere una utilità per gli allievi che frequentano la scuola? La risposta per me, è che la lezione deve essere istintiva, chi guida che non chiamerò qui istruttore, insegnante o maestro a vari livelli, ma guida, che deve avere quel bagaglio di esperienza necessario da far viaggiare per istinto. Quando inizia la lezione non deve sapere che cosa dirà o che cosa farà, ma comunque un filo da seguire esiste. Fare una lezione è come camminare su di un filo ad una certa altezza, si impara con l’esperienza. Ci sarà una giusta dose di lavoro con il respiro, posizioni e stiramenti e torsioni, posizioni rovesciate e di equilibrio nelle quattro quote dello yoga. Sono importanti tutte queste possibilità da utilizzare al fine di rendere le energie del corpo più fluide, poiché l’obbiettivo dello yoga da perseguire è sempre e comunque il raggiungimento ed il mantenimento delle difese immunitarie alte. Rendere le difese immunitarie a buon livello presuppone proprio un allenamento fisico, mentale emozionale, una alimentazione ed un atteggiamento gentile.  Come si fa ad affidarsi agli istinti e lasciare che questi guidino una lezione di qualunque cosa sia? Per lo yoga le arti marziali o comunque sessioni e tipologie che lavorano sulla crescita della consapevolezza in modo globale, è necessario che la guida sia pronta e che i suoi chakra siano attivi ed equilibrati, altrimenti il disequilibrio si amplifica in chi le frequenta. L’apertura e l’attività dei chakra della corona, apertura del terzo occhio, sono alla base del lavoro istintivo. La lezione istintiva credo che sia un primo grado della maestria con cui si compongono poi per selezione alchemica sequenze e percorsi. Questo spezzettamento in stili e metodi credo che sia funzionale anche se invito a non fermarsi ed a ricercare sempre all’interno del mondo dello yoga e non solo, tanto da seguire la pista con curiosità e voglia di imparare immancabili ingredienti. Così come mettere nelle proprie pratiche quotidiane shavasana è la meditazione seduta, poiché lavorano in due direzioni diverse e solo nel loro insieme troveremo l’essenza. Usare musiche, suoni mantra, mudra ed ogni forma di preghiera, sarà utile per aiutare a lavorare con la mente, tanto da renderla con il tempo più calma e duttile. (L.A.M.R.T.S.)