TANDAVA LA DANZA COSMICA DI SHIVA, MAYA E LA MECCANICA QUANTISTICA

Dal 18 Giugno 2004, al CERN di Ginevra è presente una statua alta due metri rappresentante il dio Shiva danzante. Questa statua fu donata al Centro Europeo per la Ricerca in Fisica delle Particelle dal Dipartimento indiano dell’Energia Atomica che da tempo collaborava con questa istituzione. Questo dono intendeva celebrare il significato profondo della metafora della danza di Shiva quale danza cosmica delle particelle subatomiche, osservata e analizzata dai fisici del CERN. La statua rappresenta un’immagine molto diffusa in India da tempo immemorabile che simbolizza l’eterno e fantasmagorico gioco divino che crea il mondo illusorio dalle mille forme in cui è immerso l’uomo. Forme che sorgono improvvise e poi rapidamente svaniscono grazie al potere divino, Maya, che le produce. In questo senso Maya è anche il velo, di natura metafisica e illusoria, che separa tutti gli esseri individuali dalla conoscenza della Realtà profonda che si nasconde sotto questo eterno gioco ingannevole, per cui la breve esperienza della vita umana, compresa tra un nulla ed un altro nulla, si presenta come un vero e proprio sogno. Perché questa statua proprio al CERN ? Per il motivo semplicissimo che la Fisica Quantistica ci dà la stessa identica visione del mondo apparente in cui siamo immersi : la Realtà è un substrato universale costituito da “oggetti” immateriali ed inconoscibili, che chiamiamo “particelle” subatomiche, coinvolti in una eterna danza incessante di creazione e distruzione, base di tutto ciò che esiste. L’osservatore macroscopico, fatto esso stesso di questi oggetti ed in essi immerso, con l’atto di osservare, trasforma una “probabilità di esistenza” in una esistenza vera e propria, una delle tante esistenze possibili. Scriveva il Fisico Fritjof Capra ne “Il Tao della Fisica” : “La Fisica moderna rappresenta la materia non come passiva e inerte, bensì in una danza e in uno stato di vibrazione continui, le cui figure ritmiche sono determinate dalle strutture molecolari, atomiche e nucleari. Questo è anche il modo in cui i mistici orientali vedono il mondo materiale. Essi sottolineano tutti che l’Universo deve essere afferrato nella sua dinamicità, mentre si muove, vibra e danza; che la natura non è in equilibrio statico ma dinamico”. E ancora: “Per i fisici moderni la danza di Shiva è la danza della materia subatomica. Come nella mitologia indù, essa è una danza incessante di creazione e distruzione che coinvolge l’intero cosmo; è la base di tutta l’esistenza e di tutti i fenomeni naturali. Centinaia di anni or sono, gli artisti indiani crearono immagini visive della danza di Shiva in una meravigliosa serie di sculture in bronzo. Ai giorni nostri, i fisici hanno usato la tecnologia più avanzata per ritrarre le forme della danza cosmica. Le fotografie delle particelle interagenti ottenute con la camera a bolle, che testimoniano il continuo ritmo di creazione e distruzione dell’universo, sono immagini visive della danza di Shiva che eguagliano quelle degli artisti indiani in bellezza e in profondità di significato. La metafora della danza cosmica unifica quindi l’antica mitologia, l’arte religiosa, e la fisica moderna”. Ed infine : “La Meccanica Quantistica ci costringe a vedere l’Universo non come una collezione di oggetti fisici separati, bensì come una complicata rete di relazioni tra le varie parti di un tutto unificato. Questo, peraltro, è anche il tipo di esperienza che i mistici orientali hanno del mondo, e alcuni di essi hanno espresso tale esperienza con parole che sono quasi identiche a quelle usate dai fisici atomici”.(Giuseppe Merlino) Shiva, nella sua versione di Nataraja – il danzatore cosmico che danza la Tandava- simboleggia: i cicli cosmici di creazione e distruzione; il ritmo quotidiano di nascita e morte, alla base dell’esistenza; il ciclico battito del cuore; la danza di Shiva simboleggia quindi il ritmo eterno di vita e di morte, che continua in cicli infiniti, nel microcosmo Uomo come nel macrocosmo Universo. Nella notte di Brahman, la natura è inerte e non può danzare fino a che Shiva non vuole: egli si risveglia dall’estasi, e danzando (la Tandava nella notte di Brahman) trasmette alla materia inerte onde impregnate dal pulsare sonoro, che la risvegliano; ed ecco, anche la materia danza e forma come un’aureola che ruota attorno a lui. La sua danza permette il dispiegarsi dei multiformi fenomeni della materia. Quando il tempo è compiuto, ancora la danza di Shiva distrugge tutte le forme, i nomi, i processi e, con il fuoco, riporta nuova pace. Questa è poesia, e tuttavia anche scienza. Il testo è contenuto nel Linga Purana (uno dei più importanti tra i diciotto Purāṇa maggiori, testi religiosi hindū). Lo conosciamo anche grazie a Ananda Coomaraswamy: storico dell’arte dello Sri Lanka. Considerato uno dei principali studiosi dell’arte indiana e dei rapporti tra la civiltà simbolica orientale e quella occidentale. In oltre mille scritti, pubblicati tra il 1904 e il 1947, ha indagato svariati aspetti legati al pensiero, ai riti, alla simbologia, facendo sempre ricorso a una straordinaria erudizione, fondata sull’accurata analisi filologica dei testi e delle opere artistiche. Nella mitologia induista Shiva esegue la danza Tandava alla fine di ogni era, per distruggere l’Universo; per gli shivaiti, che riconoscono in Shiva il supremo essere, Egli crea e preserva anche il successivo mondo. La danza Tandava di Shiva ha una natura violenta, distruttiva: ecco perché nelle rappresentazioni del sud dell’India i ballerini compiono movimenti rapidi e vigorosi, variabili a seconda delle innumerevoli sotto-tipologie previste. Nel Tantrismo kashmiro la rappresentazione della danza Tandava ha, invece, natura più mistica ed introspettiva, perdendo quasi completamente i connotati di performance eseguita dai ballerini classici. Shiva, danzando la Tandava genera e crea la vita; tiene in moto il mondo e la vita stessa; tiene caldo il cuore degli esseri umani, attraverso il suo fuoco sacro della sua energia; distrugge  l’ignoranza per alleviare la sofferenza (in queste tradizioni si ritiene che la sofferenza degli esseri umani sia legata a una ignoranza rispetto alla loro vera natura e alle illusioni create dal cosiddetto Velo di Maya); arriva alla fine dei tempi per disintegrare col fuoco ciò che è vecchio, che ha compiuto il suo ciclo e non serve più, insegnando il non-attaccamento e il lasciare andare in questa grande danza che è la vita; costruisce il nuovo sulle ceneri del vecchio: insegna a trattenere nel nuovo ciclo il solo frutto delle esperienze passate, lasciando andare invece ricorsi e sofferenze rispetto a ciò che non è più. Shiva è, al contempo, il Dio della vita e il Dio della morte o, meglio, di quella vita che deriva dalla morte: una nuova creazione, attraverso la distruzione della precedente. Attraverso la Tandava, Shiva attua la creazione, distruzione, ricostruzione dell’Universo. Morte e vita si alimentano l’un l’altra e sono costantemente in perfetto equilibrio. Shiva balla contemporaneamente al centro dell’Universo e nello spazio sacro del Cuore di ogni essere umano. La sua Tandava significa letteralmente “battito cardiaco“: è la scossa ritmica di ogni battito del cuore, che sostituisce il precedente. Vita nuova che nasce dalla fine, il segreto stesso della vita.(Elena Biazzi)