corona virus e inquinamento

Ke Tang, Kai Feng and Weifeng Lv* (clicca qui per la ricerca completa), emerge che temperature e tassi di umidità elevati possono ridurre anche in modo significativo il rate di contagio/trasmissione del COVID-19. Questo fatto è consistente con quanto accade con l’influenza, della cui stessa famiglia fa parte anche il nuovo Coronavirus e che presenta diverse similitudini nella mappa genetica. LA METODOLOGIA DELLO STUDIO – Per arrivare a questo risultato sono state effettuate complesse analisi statistiche su un campione di 100 città cinesi per le quali vi sono stati più di 40 casi accertati (tra cui Pechino, Shangai, Sichuan), considerando e mettendo in relazione tra loro i parametri climatici con quelli demografici (densità di popolazione) e socio-sanitari (livello medio di igiene e qualità/efficienza del sistema sanitario locale). L’intervallo temporale analizzato è quello del 21-23 gennaio 2020: 21 gennaio perché è da quel giorno che tutti gli ospedali cinesi hanno iniziato a registrare i casi di COVID-19 a seguito della pubblica dichiarazione di contagio da persona a persona effettuata la sera prima dal Professor Nanshan Zhong. Dal 24 gennaio in poi sono invece state effettuate le forti restrizioni del governo su tutto il territorio cinese per evitare il contagio e pertanto, con questo importante fattore in gioco, viene decisamente meno il fattore climatico. EMERGE CHE IN CONDIZIONI CLIMATICHE CALDE E UMIDE, IL RATE DI CONTAGIO È PIÙ BASSO Si è dunque analizzata una eventuale correlazione tra trasmissione del virus (parametro R) con la temperatura e umidità relativa (calcolando la media nel periodo 21-23 gennaio per ciascuna delle città campione ), attraverso i metodi di regressione statistici. Ciò che emerge è appunto una correlazione negativa rispetto a temperatura e umidità: vale a dire che in condizioni climatiche calde e umide, il rate di contagio è più basso, anche in modo significativo, per contro aria fredda e secca favorirebbe la trasmissione del Coronavirus (attenzione: questo NON significa che nelle zone calde non ci sia il virus!) Un comportamento questo del tutto analogo all’influenza: i virus influenzali sono infatti più stabili in aria fredda e le goccioline emesse dal nostro respiro, che possono contenere il virus, fluttuano più ampiamente in presenza aria secca. Oltretutto in presenza di aria fredda e secca il nostro sistema immunitario risulta più debole. Questi risultati sono consistenti con il fatto che all’inizio dell’espansione dell’infezione, il contagio è stato maggiore in nazioni come Corea, Giappone (freddo presente) e Iran (aria in genere secca) piuttosto che in zone dove il clima più caldo e umido (come Singapore, Malaysia e Thailandia dove comunque il virus si è manifestato). All’interno della stessa Cina, fatta eccezione per Wuhan, le provincie poste a nord hanno sofferto maggiormente il contagio, in particolare quelle a confine con la Corea, dove appunto il clima è risultato assai più freddo. Sulla base di queste evidenze e di ulteriori calcoli, le aree con il parametro R è più elevato, quindi con potenziale contagio più elevato al netto delle restrizioni socio-economiche imposte dai governi, considerando che la temperatura e umidità media del mese di marzo per le varie località sia grossomodo la stessa dello scorso anno, sono attualmente: Europa, Canada, Stati Uniti, gran parte dell’Asia centro-settentrionale, in genere per via del clima più freddo, ma anche l’Africa sub-sahariana e il Medio Oriente per via dell’aria più secca. Va invece per ora meglio in generale sull’Emisfero australe, dove è quasi autunno, ma anche tra India e Indocina dove il clima risulta afoso o comunque generalmente caldo. Secondo le proiezioni nel prossimo luglio i tassi di contagio dovrebbero invece abbassarsi su gran parte dell’Emisfero boreale, quindi anche Europa e Nord America ad eccezione degli States sud-occidentali dove l’aria si mantiene particolarmente secca; miglioramento più netto in prospettiva per India, Indocina, Giappone. Contestualmente le cose dovrebbero peggiorare per l’emisfero australe, che sarà in pieno Inverno, in particolare per il Sud Africa e l’Australia. UN ALTRO STUDIO SEMBRA CONFERMARE LA CORRELAZIONE Risultati analoghi sono stati ottenuti con uno studio parallelo (dal titolo Temperature Significantly Change COVID-19 Transmission in 429 cities, clicca qui per la ricerca completa), utilizzando metodi statistici su un campione ancora più vasto di oltre 400 città affette dal virus, non solo cinesi.Da qui emerge anche che vi è un range termico ideale per la prolificazione del virus, compreso tra 0°C e 10°C. L’inquinamento atmosferico in Italia è un problema molto serio. Secondo le ricerche, lo smog causa 3.500 morti l’anno, e a dirlo è l’Oms. Inoltre ogni anno l’inquinamento provocherebbe 30mila attacchi di asma nei bambini e 31mila bronchiti acute nei giovani con età inferiore a 15 anni. Ecco gli 8 NEMICI INVISIBILI NELL’ARIA DI CITTÀ’ veicoli di patogeni: PM10 (polveri sottili) Crescono i Pm10. Sono la causa dei blocchi del traffico. Sono così chiamate le frazioni respirabili delle polveri da combustione che grazie al piccolo diametro (fino a 10 µm) possono arrivare sino alle vie respiratorie più profonde portandosi dietro sostanze altamente inquinanti e spesso cancerogene. CO – Monossido di carbonio – Il monossido di carbonio è un gas incolore, inodore e, ad alte concentrazioni, velenoso. Si forma quando la parte combustibile delle benzine, dei carburanti, non brucia completamente. Viene quindi espulso dai tubi di scappamento come gas di scarico, in percentuali che sfiorano il 60% delle emissioni di CO nei paesi industrializzati. NOx – Ossidi d’azoto – Il biossido d’azoto (NO2) è un gas marrone-rossastro, altamente reattivo. E’ il prodotto di un processo fotochimico: l’ossido d’azoto si trasforma col sole nel dannoso NO2 o NOx. Nonostante le varie precauzioni anti-smog esistenti, le città sono ancora fortemente esposte, di giorno, a episodi acuti di inquinamento. SOx – Anidride solforosa e solforica – Lo zolfo presente nei combustibili fossili viene emesso in atmosfera sotto forma di biossido di zolfo (SO2, anidride solforosa), e triossido di zolfo (SO3, anidride solforica). La SO2 rilevata nelle stazioni della rete di monitoraggio ambientale è un gas incolore, non infiammabile e non esplosivo; il suo odore è facilmente avvertibile, pungente ed irritante. Pb – Piombo – Nel passato, gli autoveicoli erano i più roboanti produttori di piombo nell’atmosfera. Il piombo era usato come ‘lubrificante’ protettivo per le camere di combustione dei motori a scoppio. Grazie all’EPA in America e alla UE in Europa, gli sforzi regolatori hanno fatto sì che diminuisse il contenuto di piombo nella benzina, così il contributo del settore del trasporto nell’inquinamento da piombo s’è ridotto alquanto. O3 – Ozono – L’ozono è uno degli inquinanti secondari dell’atmosfera che hanno origine dagli inquinanti primari per effetto di complesse reazioni fotochimiche causate dalla radiazione solare. Benzene – Il benzene è un idrocarburo aromatico. Aromatico non nel senso che profuma. Nel senso che è umbratile e che s’insinua nel nostro organismo senza che ci si possa far niente. Diossine – Composti chimici prodotti non intenzionalmente nei processi produttivi per imperfette combustioni, o nella produzione di pesticidi, di altri composti clorinati. Le maggiori quantità vengono rilasciate nell’ambiente dalle ciminiere degli inceneritori di rifiuti in città, negli ospedali, o di rifiuti industriali.