BUTOH, DANZA DELLE TENEBRE

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Dairakudakan
Kochuten: Paradise in a Jar
June 27 & 28, 2003
YBCA Forum

Negli anni Venti alcuni danzatori giapponesi andarono in Germania a studiare la danza europea. Al loro ritorno in Giappone fondarono scuole di ballo nelle quali Kazuo Ohno e Tatsumi Hijikata, i due “padri fondatori” del Butoh, diedero le loro prime lezioni. Onho ed Hijikata si incontrarono nel 1954 e fu l’inizio di una cooperazione che durò anni. Hijikata avrebbe diretto e realizzato molte coreografie per Ohno. Lo studio di Hijikata divenne il centro del movimento del Butoh. Un movimento che, però, ha tante facce quante sono i suoi interpreti. …Innanzitutto, non tutti considerano il Butoh una danza. Per molta gente si tratta di una particolare forma di teatro. Il Butoh mescola infatti danza, teatro, improvvisazione ed influenze delle tradizionali arti dello spettacolo giapponese con la danza dell’Espressionismo tedesco “Ausdruckstanz”. La prima rappresentazione di Butoh avvenne nel dopoguerra giapponese. Un dopoguerra che —- non dimentichiamolo mai! — per il Giappone significa soprattutto “dopo Hiroshima”. Anno storico è considerato il 1959. Fu l’anno in cui al Festival Giapponese della Danza, a Tokyo, venne rappresentato “Kinijiki”, di Tatsumi Hijikata. La performance era molto breve (appena 5 — cinque — minuti) e senza musica. Fu scandalo. La performance traeva spunto da una novella di Yukio Mishima. Sembra che le immagini e i movimenti fossero cosi schoccanti ed offensivi che la Direzione del Festival, che aveva sponsorizzato lo spettacolo, fece spegner le luci prima che la performance potesse esser completata. Le tenebre inghiottirono la scena. La parola Ankoku Butoh – poi abbreviata in Butoh – introdotta da Hijikata significa “Danza delle tenebre”. Che la definizione di Hijikata derivi — anche — da questo evento? Da quel giorno, il Butoh venne definito in molti modi: schioccante, provocatorio, fisico, spirituale, erotico, grottesco, violento, cosmico, nihilista, catartico, misterioso. C’è anche chi lo definisce “la versione punk della danza classica giapponese”. Il Butoh degli inizi era una risposta radicale all’idea occidentale della danza. Era la giapponese “ribellione del corpo”. Era pura provocazione, resistenza contro l’ establishment culturale ed il sistema sociale. Era sperimentale, a volte grottesco, a volte assurdo e mistico. I volti dipinti, le teste rasate, la nudità dei danzatori di Butoh, le distorte coreografie crearono un forte contrasto con l’estetismo della danza tradizionale. I coreografi più importanti erano Tatsumi Hijikata, Kasai Akira e Kazuo Ohno (il quale, detto tra parentesi, ha oggi 90 anni e danza ancora!). Il butoh è un movimento contemporaneo che nasce insieme agli anni ’60 grazie a Tatsumi Hijikata, artista “maledetto” del Giappone post-atomico, e Kazuo Ohno, imprescindibile personalità-guida di questa disciplina. Alle origini, è caratterizzato dall’aggressività verso il pubblico, l’uso abituale della provocazione, soprattutto relativamente ai tabù sessuali, il richiamarsi a miti arcaici, il kitsch, il grottesco, il nichilismo, ecc. esponendo senza pudore la decadenza, l’oscenità e l’umorismo.

II butoh è un intimo dialogo tra l’apollineo ed il dionisiaco e rappresenta un’avanguardia, una delle esperienze più significative nella storia dello spettacolo del ventesimo secolo, poiché ha ampliato il concetto di danza, capovolgendone la concezione estetica, ed ha offerto al teatro un mirabile esempio di attore organico, capace di modulare la sua presenza in una completa fusione di arte e vita. Non è una tecnica ma il grido primordiale che annienta e vanifica ogni norma, la trasformazione e la metamorfosi della ribellione del corpo naturale contro la violenza della cultura, che porta alla luce pure visioni dal subconscio sostenute unicamente dall’urgenza del desiderio e dell’istinto primitivo. É la lotta delle cose invisibili all’interno del corpo che, una volta portata all’esterno, acquisisce una valenza sacrale. L’universo diventa il vestito del corpo ed il corpo diventa il contenitore dell’anima. Il butoh esalta la visceralità ed il legame con la terra, evoca ombre, liberando le insondate profondità dell’inconscio collettivo. É una forza misteriosa e pericolosa, l’antitesi del miracolo economico che, sconvolgendo le normali abitudini percettive ed aprendo nuovi orizzonti alla sensibilità, sfida criticamente il materialismo della società attuale e rievoca un’antica radice panteista che riconcilia la persona con la natura, partendo dai principi della danza espressionista tedesca ed adottando maestri eretici come Antonin Artaud, il Marchese De Sade, Friedrich Nietzsche, Yukio Mishima ed il Conte di Lautréamont: autori che hanno fatto vacillare il mondo ordinato della ragione per sostituirlo con il caos primordiale, l’erotismo, la solitudine e gli impulsi distruttivi. I danzatori che praticano il butoh possiedono un eversivo anticonformismo.

È l’underground del Giappone, espressione di dissenso politico che ha anticipato la fusione di precedenti distinzioni razziali, culturali ed estetiche. Esso esorta l’individuo comune a migliorare la qualità della sua esistenza, rifiutando modelli di vita preconfenzionati, negando l’ego, attraverso un radicale meccanismo di decostruzione, e sviluppando una consapevolezza del proprio corpo tale da esser pienamente vivo in ogni attimo del presente. Purtroppo oggi il butoh è molto diverso da ciò che era alle origini e si parla più propriamente di new butoh. Le caratteristiche soggettive del butoh ed il suo training (che ricorda il teatro di Jerzy Grotowsky ed ha molto a che fare con la meditazione e l’allenamento delle arti marziali estremo-orientali) vengono indicati come strumenti d’esplorazione ed integrazione psicosomatica. Con la sua introversione, il butoh risulta un mezzo terapeutico catartico e potente. Utilizzando le vibrazioni del proprio magnetismo nervoso, il danzatore, attraverso la performance, crea partiture strazianti ed oniriche irripetibili d’un corpo geroglifico al limite della dissoluzione. Il butoh coltiva la capacità di sperimentare differenti tipi d’esistenza e, nonostante ha sempre rifiutato qualunque tentazione a costruire un sistema e non ha mai assunto una forma definita, alcuni elementi ricorrenti negli spettacoli possono essere l’utilizzo dinamico del vuoto (punto di contatto con il buddhismo zen), l’improvvisazione, le atmosfere surreali e la nudità dei corpi, spesso dipinti.