Yoga & Sadhana – meditazione, spiritualità, religione, scienza, arte marziale

Lo yoga unisce quindi attinge e prende elementi da tante discipline che non sono disgiunte le une dalle altre, non si può dire che esiste nessuna disciplina a se stante ma tutto è sempre e comunque interdisciplinare e connesso. Concepiamo anche la disciplina dello yoga oltre ad esser connessa e prendere dare elementi ad altre discipline anche in un moto divenire continuo flusso dinamico sempre in trasformazione come del resto può esser concepita la sua stessa didattica. Sadhana – viene da sadh, che significa attività rivolta al conseguimento di progresso spirituale che viene poi vissuto nel concreto della vita. La sola teoria non dà nessun risultato. Se l’essere umano vuole scoprire il significato del cosmo, del pulsare delle stelle, della vita che vibra in ogni cosa, della sua vita, deve aprirsi ad una conoscenza cha va al di là del fenomenico. Il corpo e la mente sono mezzi che noi abbiamo a disposizione per vivere questa esperienza; conoscere i nostri impedimenti, le difficoltà che sembra ci vogliano distruggere, le sofferenze che non riusciamo a capire; cercare di comprendere i messaggi che la vita ci dà per vivere la crescita alla quale ci spingono. Se ci facciamo condizionare da ciò che avviene, rimarremo sempre nei nostri limiti, chiusi in un’esperienza che è solo terrena, che percepiamo solo attraverso i sensi. Se invece ci poniamo nella dimensione del ricercatore e ci accorgiamo che esistono esperienze diverse, piani di coscienza diversi, la nostra dimensione umana si dilata, fino a vivere un mutamento esistenziale, che sarà il risultato della Sadhana. Sadhana vuol dire essere consapevoli di ogni momento della nostra giornata, di ogni nostro pensiero, di ogni nostra azione e del loro risultato, del nostro respiro, dei nostri desideri. Solo così la vita potrà diventare un processo di crescita e portarci verso ciò a cui aspiriamo da molte vite. L'”uomo”, che sembra cammini eretto da centinaia di migliaia di anni, non è ancora riuscito ad essere veramente uomo, proprio perché non pratica quella Sadhana che porta “l’atto al volere”, come diceva Rilke. La Sadhana è fatta di sforzo, di disciplina, di durata, di volizione e di gioia di crescere. Sadhana è consapevolezza del nostro esistere. (MP) Potrebbe essere una religione essendo legata a divinità come Krisna o Shiva e loro manifestazioni ed anche il buddismo stesso più che una religione in senso di credo ed aderenza strettamente mentale ed assoggettante è un percorso evolutivo una Sadhana da concepire più che una religione in senso stretto, come una serie di pratiche al fine dell’ascesa mistica totale. In questo senso sia lo yoga che il buddismo hanno il fine comune: l’uomo è concepito per ascendere. Che cos’è una religione? Quando si confrontano diverse tradizioni religiose, bisogna stare attenti a non dare per scontata la propria idea di che cosa sia una religione. Infatti, con la parola “religione” si possono intendere almeno quattro cose diverse: 1. Religione come pratica – Un insieme di tradizioni, di riti, di racconti, di abitudini e di cerimonie che vengono coltivati da un certo gruppo di persone e che vengono trasmessi di generazione in generazione. 2. Religione come visione complessiva della vita – Una serie di credenze, un sistema di regole di comportamento, una concezione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e, in generale, una certa “visione del mondo”. 3. Religione come teologia – Una dottrina che spiega il rapporto dell’essere umano con tutto ciò che sta al di là della realtà materiale, ovvero con la sfera ultraterrena. 4. Religione come atteggiamento spirituale intimo – Un rapporto individuale che ciascuna persona sviluppa con ciò che è sacro. A volte le persone si identificano pienamente con una determinata religione, altre volte interpretano la tradizione a cui appartengono in maniera personale. A seconda dell’accezione alla quale ci si riferisce, una certa tradizione spirituale potrà essere considerata come una religione oppure no. Ad esempio, alcuni studiosi di storia delle religioni si chiedono se il Buddhismo possa essere inteso come una religione nello stesso senso in cui lo sono l’Ebraismo, il Cristianesimo o l’Islam: se per religione si intende un rapporto tra l’essere umano e un Essere Superiore, allora il Buddhismo (che non parla di Dio) non lo è; ma se si estende il significato del termine per intendere un insieme di insegnamenti spirituali e morali accettati con fede da una comunità e praticati nella vita quotidiana, allora anche il Buddhismo rientra a pieno titolo nella definizione. (tolerance.kataweb.it) Si sa che lo yoga fa bene, ma che cosa esattamente rende la pratica degli esercizi yoga così efficacie e benefica per il corpo e la mente? La pratica degli esercizi yoga fa bene, questo è talmente ovvio, che in realtà non c’è affatto bisogno che venga dimostrato da ricerche scientifiche. E’ sufficiente che osservi su di te le trasformazioni psicofisiche che avvengono già dopo poche sessioni; rifletti sul fatto che se dopo migliaia di anni c’è ne occupiamo ancora un buon motivo c’è e che centinaia di migliaia di persone, in numero sempre crescente, traggono benefici dalla sua pratica. Fino a non molto tempo fa, nessuno era in grado di spiegare con esattezza perché e come, lo yoga sia in grado di migliorare tutta una serie di disturbi che vanno dalla depressione, all’ansietà, dal diabete ai dolori cronici e persino l’epilessia. (Vedi anche: sindrome del colon irritabile; sclerosi multipla; stress e infiammazione). Di recente, un gruppo di ricercatori della facoltà di Medicina dell’Università di Boston, il dott. Chris Streeter e il suo team, hanno fatto ricerche al riguardo e sono arrivati all’interessante conclusione che la pratica dello yoga aumenta il tono vagale. Molti neanche sanno che abbiamo un nervo vago e che può essere “tonificato”, ma di fatto è così; e la comprensione di questo svela l’efficacia della pratica dello yoga. Ma che cos’è il tono vagale? Il nervo vago, il più ampio dei nervi craniali, parte dalla base del cranio e attraversa tutto il corpo, influenzando i sistemi respiratorio, digestivo, cardiaco e interviene nel regolare tutte le principali funzioni corporee; così come la capacità di assimilare, elaborare e dare un senso alle nostre esperienze. Quando il nervo vago è tonificato quindi, puoi avvertirlo osservando miglioramenti a differenti livelli, come: la digestione, l’attività cardiaca e l’umore. Ti rende inoltre più facile passare da uno stato di iperattività e di stress, a uno stato di rilassamento e viceversa, cosa che ti mette in grado di gestire le sfide della vita, con la giusta dose di energia, impegno e agio. Quando questa condizione di flessibilità è costante, è indice di un tono vagale ottimale. Lo yoga aumenta il tono vagale – Un “basso tono vagale” è correlato a uno stato di salute carente e a una condizione di esaurimento generale: depressione, digestione lenta, aumentata frequenza cardiaca, umore instabile e difficile da gestire. Non è sorprendente quindi, che esso sia associato proprio a quei disturbi che mostrano, non a caso, un miglioramento significativo dopo una pratica di yoga. I ricercatori infatti hanno osservato che la pratica dello yoga aumenta il tono vagale, con conseguenti miglioramenti di quei disturbi che si sono riscontrati dalla pratica di differenti tecniche ed esercizi yoga. Per esempio, la respirazione detta “ujjayi pranayama”, che aumenta la risposta al rilassamento, così come la variabilità del battito cardiaco (VFC); e la recitazione della sillaba OM eseguito a voce alta, che aumenta anche essa il tono vagale e la capacità di rilassamento, più che se eseguito silenziosamente. Comprendere cos’è il tono vagale chiarisce il fatto che per essere in uno stato ottimale di benessere psicofisico, non è necessario realizzare un stato di costante rilassamento ed immunità dallo stress, ma trovare la flessibilità (determinata dal tono vagale appunto) di passare con facilità da uno stato all’altro, in modo che le polarità del sistema nervoso (simpatico e parasimpatico, arrivante e calmante) siano in equilibrato rapporto tra di loro. Questo ci rende più resilienti, sia fisicamente che mentalmente nell’affrontare le mutevoli circostanze della vita perché come ci ricorda l’antica saggezza orientale “La vera quiete è nel procedere quando è tempo di procedere e fermarsi quando è tempo di fermarsi” (I Ching) (Shanti Brancolini) Yoga e scienza: similitudini e divergenze – La società occidentale , dal 700 in poi, è stata sempre più permeata da un mentalità di stampo scientifico. Questa caratteristica ci rende tutti in qualche modo scettici di fronte a qualcosa che non abbia solide basi scientifiche, ovvero non dimostrabile con esperimenti generalizzabili e replicabili. Un sano scetticismo non è negativo. Significa avere un certo grado di consapevolezza discriminativa, in special modo quando ci troviamo di fronte a cose che conosciamo poco. In un mondo dominato dalla pubblicità e dalla vendita, è naturale sentire una connaturata diffidenza verso ragionamenti facili che per noi hanno più il sentore della superstizione o dell’atto di fede acritico. Abbiamo visto troppe volte quali possono essere gli effetti del fanatismo e della creduloneria. Ma, al di là di questo, è comunque difficile convertirsi ad un sistema di pensiero in cui non si è cresciuti. È il dilemma dell’antropologo che, volendo integrarsi con una cultura diversa, si trova a fare una specie di salto mortale tra due culture rimanendo a mezz’aria senza poter atterrare né da una parte né dall’altra. E possibile, però, e sempre altamente proficuo gettare un ponte che permetta di avvicinare sistemi di pensiero lontani tra di loro, per farli entrare in contatto e riuscire ad integrarli insieme. Questa sinergia permette ad entrambi i sistemi di evolvere ed espandersi. È il modo col quale si evolve non solo la coscienza, ma anche la vita. Praticando e insegnando yoga ho raccolto molte esperienze aneddotiche di prima mano sui suoi benefici. E molte di queste esperienze sono vissute come piccoli e grandi miracoli. D’altra parte questo tipo di testimonianze non possono servire come dimostrazione della validità della pratica, perché rimangono esperienze soggettive e opinabili, non hanno il valore di “prove”; ascoltandole, chi è ben predisposto non farà che confermare idee che già aveva, mentre chi è più scettico avrà sempre modo di invalidarle. Dal canto mio, preferisco sempre invitare alla pratica e a sperimentare su di sé. Lo yoga è una ‘scienza’ – Trovo che lo yoga, come anche il buddismo, sia una sorta di scienza. Una scienza particolare in cui il soggetto studia se stesso. Rispetto alla nostra scienza, è diverso l’oggetto di studio ed è diverso lo scopo. Nel nostro paradigma scientifico abbiamo un soggetto che studia un oggetto esterno a sé, virtualmente senza modificarne le caratteristiche con la sua osservazione. Questo assunto si è incrinato già nel secolo scorso, ma, nonostante l’osservatore non possa che alterare le condizioni dell’oggetto con la sua osservazione, noi continuiamo come se idealmente avessimo uno sguardo oggettivo da un punto di vista assoluto, esterno all’universo. Lo scopo di quest’occhio osservatore, nell’ambito della ricerca pura, è speculativo. Il ricercatore cerca la verità. Nelle cosiddette ‘scienze orientali’ l’ambito di ricerca è diverso: qui il soggetto studia se stesso e lo fa con strumenti di studio diversi dai nostri. Anche lo scopo è diverso. È pratico. Si cerca la liberazione dallo stato di costrizione della nostra coscienza. Non è solo la liberazione dall’ignoranza ma una liberazione totale del nostro essere. È come se gli orientali non si fossero arresi alla condizione descritta da Platone di essere legati in una grotta e poter osservare solo le ombre del mondo reale, ovvero poterne avere solo una conoscenza indiretta. Le pratiche orientali sono una sorta di piano di evasione da questa grotta. Noi ci consideriamo esseri razionali e affidiamo la conoscenza del mondo alla nostra capacità speculativa, loro si considerano esseri percettivi e cercano prima di tutto l’espansione della capacità di percezione della coscienza per poter accedere alla conoscenza diretta della propria natura e della natura delle cose. Patanjali parla di un percorso per ottenere la liberazione della coscienza dalla prigione dell’individualità e potersi riconnettere con la totalità (Brahman). Yoga significa integrazione: integrazione dei nostri diversi lati della personalità, integrazione delle funzioni del nostro corpo, integrazione col tutto che sta intorno a noi. É un processo che porta con sé “la cessazione delle afflizioni e la conoscenza vera” (Patanjali, Yoga sutra). Anche Buddha ne parlava, in termini più simili ai nostri, quando parlava delle quattro nobili verità che permettono di superare gli otto dolori e ottenere l’illuminazione. Buddha è stato considerato da molti psicologi e sociologi uno psicologo ante litteram e il suo insegnamento si può ben leggere in questa chiave non religiosa. A differenza di Freud, però, il suo intento non era prima di tutto speculativo, ma la sua ricerca nasceva dall’intento pratico di liberarsi dalla condizione di sofferenza e aiutare i suoi allievi a fare altrettanto. Lo yoga e il nostro mondo scientifico: limiti e opportunità – Quando portiamo questo tipo di ricerca e di sapere ‘soggettivo’ nel nostro paradigma, e cerchiamo di comprenderlo da un punto di vista ‘oggettivo’, nascono attriti e difficoltà. Certo un insegnate di yoga, il più delle volte, non ha le competenze per improvvisarsi medico, fare diagnosi e dare ricette. A volte è inaccurato pubblicizzare esageratamente gli effetti di una particolare postura senza tener conto del contesto in cui la si pratica e del soggetto che le pratica. Ma il problema è un altro. La ricerca sta aumentando sia in termini di volume che di qualità, ma ci sono ancora tante cose che semplicemente non sappiamo. Si parla di yoga terapia, ma molte affermazioni sulle sue virtù terapeutiche sono, spesso inconsistenti o vaghe. Anche se la ricerca sullo yoga sta proliferando, è ancora all’età dell’infanzia. È vero che già, oltre agli effetti dello yoga sul sistema osteomuscolare, sono stati avvalorati da anni diversi effetti fisiologici delle pratiche yoga tra cui: aumento della risposta immunitaria + dopamina e – adrenalina e – cortisolo (ormone dello stress). Maggiore stabilità emotiva. Minore senso di paura e dolore e maggiore senso di gioia. Diminuzione del GABA con conseguente miglioramento della memoria. Maggiore coerenza di EEG, con conseguente senso di benessere e integrazione. Stabilizzazione della pressione sanguigna. Negli ultimi anni poi, stanno proliferando le ricerche di una nuova branca scientifica: la psiconeuroimmunologia (PNEI). Questo incontro tra neuroscienze ed epigenetica sta mostrando come lo yoga abbia effetti profondi sulla struttura neurovegetativa di un individuo, sulle risposte sue somatiche, sulle sue capacità decisionali, sulle flessibilità cognitiva ed emotiva. I ricercatori stanno osservando come tutto questo a sua volta influenzi le scelte comportamentali, stimolando un più equilibrato senso del sé, la diminuzione di comportamenti reattivi coatti ed autolesionistici e la produzione di nuove risposte agli stimoli ambientali. D’altra parte, per quanto i risultati siano eccitanti e promettenti, molti studi sull’efficacia dello yoga hanno forti limitazioni metodologiche ed è importante esserne consapevoli. Altrimenti molta della letteratura scientifica sullo yoga può dar luogo ad un’informazione sensazionalistica, che può risultare fuorviante e ingannevole. In ambito scientifico bisogna far fronte ai considerevoli limiti metodologici, teorici e sperimentali, che si hanno quando si studiano soggetti complessi come il comportamento di un individuo o di un gruppo. È difficile separare le variabili da analizzare dall’influenza di altri fattori e mantenere allo stesso tempo un campione di studio sufficientemente ampio per poter generalizzare i risultati; ed è difficile poi elaborare un modello che dia senso ai risultati ottenuti traducendoli in un pensiero coerente, validato ed efficace. Così spesso questi risultati sono contestabili e il quadro di riferimento ancora frammentato. Sono difficoltà sono rilevanti già per le cosiddette scienze esatte come la fisica e ancora di più per le scienze mediche, psicologiche o sociali, e in un caso come questo, in cui si studia un approccio “olistico” all’essere umano. In questo territorio si fa presto a sforare in ambiti che scientifici non lo sono più, o per i quali la nostra scienza non è ancora pronta. Ecco il perché di una parte della comunità scientifica che rifiuta questi ambiti di ricerca troppo impalpabili o li vuole ridurre a spiegazioni meccanicistiche. D’altra parte anche molti praticanti vivono la tentazione di rifiutare a priori il punto di vista scientifico ritenendolo inadeguato, esageratamente limitato e fuorviante, nel momento in cui mette in discussione le loro credenze o le loro esperienze. Ma questo comportamento ricorda quello dei prelati che rifiutavano di vedere nel cannocchiale di Galileo per tenere in piedi la teoria aristotelica. L’approccio scientifico al mondo che ci circonda ci ha permesso di fare miracoli (di volare, di comunicare a distanza, di vedere ciò che prima era invisibile agli occhi e di comprendere molte “leggi di natura”), di setacciare le nostre conoscenze e di emanciparci da credenze fuorvianti e inutili, se non dannose. Ora che questa forma mentis si sta rivolgendo verso se stessa e si sta integrando con queste pratiche millenarie potrà forse farci fare altrettanti passi avanti anche nella scoperta del mondo dentro di noi. Si sta assistendo forse finalmente ad una convergenza tra scienza e spiritualità, ambiti tra i quali nella nostra storia è avvenuta una scissione e spesso anche una contrapposizione. L’interesse è reciproco. Il Dalai Lama, considerato un’autorità religiosa, da molti anni spinge a favore di quest’integrazione, e si è prodigato a favore della ricerca sperimentale chiedendo ai suoi monaci di offrire la loro disponibilità alla comunità scientifica per test e ricerche. Favorevole a questo modello d’indagine e dimostrando grande apertura mentale, si è spinto addirittura ad affermare: “Se l’analisi scientifica dimostrasse definitivamente che certe affermazioni del buddismo sono false, allora dovremmo accettare le scoperte della scienza e abbandonare quelle affermazioni” (Dalai Lama XIV, 2005). Come, quanto e perché è ancora da stabilire, verificare e misurare. Ciò che è assodato, ed è il motivo per cui lo yoga si sta diffondendo così velocemente nella nostra cultura, è che lo yoga fa bene. ..e forse un giorno la scienza riuscirà a dimostrare ciò che la tradizione yogica afferma, ovvero che lo yoga è un percorso pratico per accedere alla propria interiorità e alla propria spiritualità. Yoga e meditazione – “Perché meditare?”, la risposta è duplice: dalla pratica derivano svariati effetti benefici su corpo e mente, e questo è scientificamente provato; io ci ho trovato una maggior consapevolezza di me stesso e una più chiara visione sui progetti. Meditare mi ha portato a mettere un po’ d’ordine, eliminare i pensieri superflui o rimandarli a quando ci sarà tempo – se mai ci sarà, visto che non ho tempo è un’infame bugia – e fare spazio per me, dando ascolto alla mia vita per riconoscere quella vocazione di cui parla Jeff Goins in The Art of Work. E finalmente a dedicarmi a un progetto mio, personale, che mi gratifica non nei risultati, ma lungo il percorso. Negli ultimi quindici anni la scienza si è occupata molto di questa disciplina, dimostrando che questo tipo di attività ha effetti strutturali sul cervello, come ha riportato fra gli altri Paola Porciello in un articolo sul Fatto Quotidiano. Effetti benefici che hanno un risvolto sulla salute psico-fisica e che ho voluto provare – e ho provato – di persona prima di iniziare a raccontare la mia esperienza con la meditazione. Cos’è la meditazione? La via del fare è l’essere. (Lao Tzu) Io sono la persona meno adatta a spiegare cosa sia la meditazione. Per questo ho pensato di farlo con una metafora che ho sentito più volte. La tua mente è come un fazzoletto bianco. Essa ha a che fare quotidianamente con i tuoi sensi, i quali la riempiono con tanti pensieri diversi. Un fazzoletto sporco non è più in grado di continuare a svolgere il proprio compito. La meditazione è quel processo attraverso il quale il fazzoletto torna candido. Perché meditare – Prima ancora di rendermi conto che meditare mi stava facendo bene, mi sono sorpreso di quello che stava accadendo dentro di me, praticando giorno dopo giorno. Il primo profondo impatto è stato creare un’abitudine di ritagliare tutte le mattine un momento per me. Per avere cura di me. Attivare la mia mente per progettare il mio futuro e insegnarle a non dare ascolto ai mille pensieri che vorrebbero consumare inutilmente il mio tempo., Secondo gli studi di Daniel Gilbert, ricercatore di Harvard specializzato nella “felicità”, una mente che divaga è una delle principali cause di infelicità. Le sue ricerche hanno mostrato che in media spendiamo il 46,9 per cento del nostro tempo svegli in pensieri sconnessi dall’attività a cui ci stiamo dedicando. Praticamente, prestiamo più attenzione a quello che avviene fuori di noi che a noi stessi e questo ci fa vivere male. Viviamo cioè per qualcosa che è fuori di noi, non dentro. Grazie alla meditazione sono riuscito a trovare la consapevolezza e la concentrazione necessarie a iniziare a scrivere questo blog. Non so dove mi porterà, ma intanto mi ha messo sulla strada e mi sto godendo il viaggio. I benefici della meditazione – Gli effetti positivi che meditare ha sul tuo cervello sono molteplici. Ci sono centinaia di ricerche in proposito e su alcune cose concordano tutte. Ecco un elenco dei vantaggi della meditazione, secondo la scienza e in base a quello che ho potuto constatare negli ultimi due anni, e in che modo essa fa bene al tuo cervello. Rende la mente più serena e lucida. Ti aiuta a chiarirti le idee. Riduce lo stress. Riduce l’ansia. Calma i nervi e ti rilassa. Riduce gli stati depressivi. Riduce la paura. Riduce la ruminazione. Stabilizza l’umore. Sviluppa un senso di benessere. Ti insegna a tenere dritta la schiena. Aumenta le facoltà mentali. Sviluppa connessioni neurali. Sviluppa la capacità di gestire il dolore cronico. Sviluppa la capacità di auto-controllarsi. Migliora la concentrazione, specie nel lavoro, negli studi e nell’attività sportiva. Sviluppa la consapevolezza. Rende più chiara la visione di quello che vogliamo dal nostro futuro. Ti aiuta a comprendere l’importanza del momento presente, cioè l’unico in cui siamo in grado di sperimentare la felicità. Contribuisce a creare armonia nelle relazioni. Sviluppa benevolenza verso gli altri, i quali di ritorno appaiono persone migliori. Ricordati che non stiamo parlando di risultati, ma di benefici ed effetti, ossia di conseguenze della pratica, non di un qualcosa tangibile durante la meditazione. Negli Stati Uniti la meditazione è utilizzata nei più diversi campi, dalle piccole scuole alle grandi aziende. Fra le startup e le corporate più innovative è un trend in forte crescita da qualche anno. Così come la ricerca di aree verdi per le sedi o l’utilizzo di strumenti analogici, la meditazione è considerata un antidoto a una vita sempre connessi e sempre di fretta. Un pit stop per ricaricare corpo e mente prima di riprendere il ritmo frenetico a cui la nostra vita è sottoposta. Quando Janice Marturano, deputy general counsel di General Mills, ha presentato ai dipendenti dell’azienda un programma composto di Yoga e meditazione, ha spiegato che l’obiettivo di questo era allenare la mente. La meditazione è una tecnica che consente di aumentare la capacità di concentrazione, vedere le cose con maggior chiarezza, creare spazio per la creatività e aumentare il senso di connessione con il resto del mondo. Si basa sul prestare attenzione alle sensazioni, positive o negative, che ci arrivano dal mondo esterno e dal nostro interno. Lo scopo è raggiungere uno stato di consapevolezza non reattiva. E cioè, attenzione totale a noi e a quello che sta avvenendo nel momento che stiamo vivendo, evitando di reagire a stimoli esterni o interni, provenienti dal passato o dal futuro. Di questa cosa ne ha parlato anche Steve Jobs con Walter Isaacson, che nella biografia del fondatore di Apple ha virgolettato: “Se ti siedi e osservi, vedrai come la tua mente sia irrequieta. Se provi a calmarla, è solo peggio. Con il tempo riuscirai a calmarla, e quando si calma, c’è spazio per sentire cose molto più complesse. È qui che la tua intuizione inizia a fiorire e tu inizi a vedere le cose con maggior chiarezza e vivere maggiormente il presente. La tua mente rallenta, e vedi un enorme distesa nel momento. Vedi molto più di quello che riuscivi a vedere prima”. La meditazione è una disciplina: va praticata. (Steve Jobs). Per tutti i motivi di cui sopra, i CEO di diverse startup e aziende della Silicon Valley hanno iniziato a praticare questa e altre discipline orientali, spesso introducendole ai propri dipendenti in programmi specifici, come il Search Inside Yourself di Google, o conferenze come Wisdom 2.0, a cui partecipano esperti aziendali di realtà quali Facebook, Twitter e LinkedIn convinti dell’importanza di mantenere la calma in un mondo che le tecnologie digitali hanno reso sempre più complesso. L’importanza di meditare ogni giorno – La meditazione è una pratica. Se non pratichi, non vai da nessuna parte. Meditare ogni giorno invece ti aiuta a trovare il ritmo giusto, a creare dei margini nella tua vita per occuparti di te e della tua felicità. Ti aiuta a non essere più così preso da non avere il tempo di prestare attenzione alla vita. Meditare ogni giorno mi ha aiutato ad ascoltare la mia vita e intuire dove voleva portarmi. Sto cercando di assecondarla, anche se nessuno dei due sa con esattezza dove siamo in grado di arrivare. È stato continuando a meditare che sono riuscito a prendere coscienza di chi sono veramente, trovando il coraggio di rispondere a quelle 13 difficili domande che mi hanno portato a confessare apertamente il mio sogno. Come iniziare a meditare – Socchiudi gli occhi e fissa la punta del naso per 12 secondi. Ascolta i rumori attorno a te; le sensazioni che il tuo corpo percepisce; segui il respiro. Fatto? Hai meditato. Visto? È davvero così semplice! E ti bastano poco più di due minuti al giorno per iniziare ad avere dei risultati concreti. La meditazione è essenzialmente pratica. Pratica quotidiana – La posizione conta sì e no. Seduti in terra con le gambe incrociate, in poltrona con le mani sui braccioli, o sdraiati a letto con la testa sul cuscino, non fa poi tutta questa differenza. L’importante è essere comodi. Focalizzati sul respiro. Conta i respiri. Ti aiuterà a concentrarti e a non farti distrarre dai pensieri che affollano la tua mente. Tempo fa il mio maestro di Yoga mi mandò un link a un testo di Sathya Sai Baba, un interessante personaggio nato in contesto indù, ma che non predica alcuna religione e invita a pregare il Dio che conosciamo, nella maniera che ci è stata tramandata. Sul sito in italiano a lui dedicato c’è un lungo testo sulla meditazione, che la descrive come un momento di passaggio nel percorso di avvicinamento a Dio. Ecco la dottrina di Sai Baba in sintesi: primo stadio, Dharana: concentrazione visiva totale su un oggetto per 12 secondi; secondo stadio, Dhyana: meditazione composta da 12 Daharana, cioè poco meno di due minuti e mezzo in totale; terzo stadio, Samadhi: l’estasi divina è raggiunta con 12 Daharana, per un totale di poco più di 28 minuti. Ci sono migliaia di altre “verità” sulla meditazione, ma sapere che si può cominciare a meditare con due minuti e mezzo al giorno è stato per me un forte stimolo a iniziare la pratica. Anziché focalizzarmi su un oggetto, ho trovato più facile chiudere gli occhi e concentrarmi sulle sensazioni del mio corpo. Prova a meditare, è praticare di primo mattino. Ti aiuterà a trovare il tempo per farlo: basta alzarti tre minuti prima! E avrà un effetto importante sulla tua giornata: uscire di casa sapendo di aver già raggiunto un obiettivo importante, cioè esserti dedicato a te, ti mette di buono umore e ti dà una carica che dura tutto il giorno. Non stare a pensarci, fallo. Quando arrivano – perché arrivano – i pensieri dei mille impegni e relazioni che hai, salutali e invitali ad accomodarsi fuori, nell’atrio, per quando avrai tempo per loro. Ritorna sempre al respiro quando ti accorgi di esserti distratto. Un altro aiuto per rilassare corpo e mente lo puoi trovare nella recita di un mantra come l’arcinoto OM, che in realtà è un AUM . Un mantra è un insieme di parole e suoni dall’effetto “divino”. In pratica, rappresenta un aiuto alla concentrazione, grazie alle vibrazioni prodotte dal canto. Se ti stai ancora chiedendo come iniziare a meditare, fermati. Non ti preoccupare di come ti viene. Fallo. Ora. Per 12 secondi. Il resto, da domattina. Yoga e arte marziale – lo yoga non come sistema puramente fisico ginnico superficiale, ma lo yoga è in il primo sistema di difesa, autodifesa da se stessi, protegge dalla mente, da ciò che nella mente entra attraverso educazione innaturale, condizionamenti ed ogni genere di abitudini sbagliate. Lo yoga si dirige oltre questo stato di multiple sofferenze ed illusioni alla ricerca della libertà e dell’elevazione spirituale. Oltre le illusioni che risiedono nella mente. Bisogna riferirci alla Bagavaghita dove Krisna aiuta Argiuna a trovare la strada, la vera energia senso di vita. Arte marziale non può fare a meno dello yoga e lo yoga non può essere diverso o lontano dall’arte marziale, insieme trovano una forma utile nelle tecniche pratiche vitali. L’arte marziale come il Do delle vie del buddismo Zen è ricerca interiore in qualunque arte del vivere si voglia navigare e “scegliere” stesso fine comune. La pratica dello yoga ha 5 forme: Jnana yoga (yoga della conoscenza), Bhakti yoga (yoga della devozione), Karma yoga (yoga dell’azione), Raja yoga (yoga della mente), Hatha yoga (yoga fisico). JNANA YOGA: è lo yoga della scuola di pensiero Advaita vedanta. Lo scopo di questo yoga è il raggiungimento della consapevolezza dell’identità del proprio “Se” (Atman) con il principio universale, il Brahman. Si ottiene in tal modo la liberazione (Moksha) dal Samsara, cioè dal mondo illusorio dove siamo imprigionati. La causa di tutta la sofferenza e degli attaccamenti è l’ignoranza metafisica (Avidya); essa agisce come un velo (Maya) che ci impedisce di percepire la nostra natura reale e divina. Nella sua ignoranza, l’anima individuale (jiva) stupidamente si convince di essere separata e diversa dal Brahman. La conoscenza del Brahman rimuove questo velo permettendo il raggiungimento della Moksha. Si tratta in definitiva di acquisire la reale consapevolezza che non esiste nulla al di fuori della nostra mente e che noi siamo incatenati e prigionieri in questo mondo mentale ed illusorio e che l’unico vero “pensante” universale è il Brahman. BHAKTI YOGA: è uno yoga per le persone meno evolute spiritualmente. Si basa sulla devozione (Bhakti) in Dio. Questo yoga è il più adatto alla maggioranza dell’Umanità, perché non richiede spiccate capacità intellettive o abilità particolari. Non ha importanza a quale Dio sia rivolto questo intenso Amore, sia esso Cristo, Allah, Visnu o Shiva. Tutti i grandi mistici cristiani e mussulmani hanno inconsapevolmente praticato il Bhakti yoga per raggiungere la loro liberazione. KARMA YOGA: è lo yoga dell’azione. L’uomo che pratica il Karma yoga continua a vivere come sempre la propria vita, ma compie con distacco tutte le proprie azioni senza alcun interesse per i loro risultati. Le azioni svolte con distacco, senza desiderio o avversione, in armonia con la legge naturale, non producono karma ed in tal modo si progredisce sulla via della liberazione. RAJA YOGA: è lo yoga che ha il suo fondamento nel controllo della mente. Questo yoga insegna la padronanza dei sensi e delle fluttuazioni del pensiero. La tecnica del Raja yoga si basa dunque sulla concentrazione e sulla meditazione per giungere alla liberazione finale. La nostra mente è come una scimmia che salta di ramo in ramo e lo stadio iniziale di questa disciplina è il più difficile e consiste nel “fermare la scimmia” per ottenere quel silenzio interno che ci fa scorgere il divino che è in noi. HATHA YOGA: è lo yoga basato su antichissime discipline fisiche e psichiche originarie delle scuole iniziatiche dell’India e del Tibet. Si inizia con gli Asana (posizioni del corpo per meditare). Poi si procede con il Pranayama che è un insieme di tecniche di respirazione. Lo stadio finale di questo yoga è la meditazione finalizzata al raggiungimento del Samadhi (liberazione).