la sesta via, lo yoga dell’arte

Amico Fragile Evaporato in una nuvola rossa / in una delle molte feritoie della notte / con un bisogno d’attenzione e d’amore /troppo, “Se mi vuoi bene piangi “/ per essere corrisposti, / valeva la pena divertirvi le serate estive / / on un semplicissimo “Mi ricordo”: per osservarvi affittare un chilo d’erba /ai contadini in pensione e alle loro donne e regalare a piene mani oceani / ed altre ed altre onde ai marinai in servizio, / fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli /senza rimpiangere la mia credulità: perché già dalla prima trincea / ero più curioso di voi, / ero molto più curioso di voi. / E poi sorpreso dai vostri “Come sta” / meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci, tipo “Come ti senti amico, amico fragile, / se vuoi potrò occuparmi un’ora al mese di te” “Lo sa che io ho perduto due figli” / “Signora lei è una donna piuttosto distratta.” / E ancora ucciso dalla vostra cortesia / nell’ora in cui un mio sogno / ballerina di seconda fila, / agitava per chissà quale avvenire / il suo presente di seni enormi / e il suo cesareo fresco, / pensavo è bello che dove finiscono le mie dita / debba in qualche modo incominciare una chitarra. / E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci, / mi sentivo meno stanco di voi / ero molto meno stanco di voi. / Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta / fino a vederle spalancarsi la bocca. / Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli / di parlare ancora male e ad alta voce di me. / Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo / con una scatola di legno che dicesse perderemo. /  Potevo chiedere come si chiama il vostro cane / Il mio è un po’ di tempo che si chiama Libero. / Potevo assumere un cannibale al giorno/ per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle. / Potevo attraversare litri e litri di corallo / per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci. / E mai che mi sia venuto in mente, / di essere più ubriaco di voi di essere molto più ubriaco di voi. (F. De André) Fragilità si confonde, si rafforza o si completa con la poesia e la consapevolezza, laddove la curiosità scava oceani di libertà, oltre il confine stabilito dalle menti possessive. De André va a cercare inarrestabile in sé la poesia, sembra, anzi lo è, il sesto cammino yogico quello della poesia intesa come: arte verso la luce. Se ci dovesse essere anzi lo creiamo ora : il sesto cammino yogico, sarebbe certo ed è: l’arte come via dello yoga, l’arte come via di libertà ed illuminazione. Ho sentito nelle parole e nella mente di chi mi ha poi definito ed incasellato in tutta fretta, con un semplicistico:” sei stato il mio primo maestro”. Laddove le vostre menti mi hanno ingabbiato, incatenato, non ci sono più, o meglio: non ci sono mai stato. Il fatto è che non mi avete capito, non avevi voglia o non potevi. La vostra mente non vi permetteva di vedere dove abitavo era un altra vibrazione – sintonia. Eravate talpe che scavavano nel buio ed era giusto così, ora io vi auguro di aver trovato il cammino che non avevate allora. Essere imprevedibili a sé stessi è il mio motto, più che motto: pratica di vita ormai appurata, che sia il vostro.  Non è una fuga è ricerca di sé stessi, infinita, immensa sempre nuova, profonda, come un fuoco che mai si spegne, immortale inestinguibile, sempre acceso, che scalda il cuore. Il cuore si scalda, la mente si illumina nelle notti oscure. Dove siete tutti quanti? Nei ricordi passati, lontani, alcuni più vicini. L’artista e lo yogi non sono diversi, sono la stessa cosa-persona in essere, divenire. L’arte del e nel creare, è ricerca interiore suprema. Come la via dello yoga e come la via buddista la via dell’arte, si depura nell’alchimia del vivere. Le strade di arte rivolte all’opera apparentemente esteriore e quelle rivolte alla conoscenza – ascesa sono sorelle. La via dell’arte è via dello yoga, provare per credere. Praticando yoga ed arte ci accorgiamo come queste vie sono entrambe connesse alla mente suprema, da essa ricevono respiro vitale e luce. Ecco che l’inarrestabile cammino di luce è oltre la vita stessa ed i suoi limiti mortali. Un cammino che si libera sempre più di materia e diviene più leggero, in ascesa, in braccio all’immortale sapienza. Spero davvero che siate da subito e da sempre pervasi dal sacro fuoco, Spirito Santo della creazione, laddove le opere sono frammenti, ma la opera è l’artista in sé e di per sé. Non mettetevi limiti e obbiettivi mortali, perché non vi faranno viaggiare liberi di essere, credere e crescere. Siate sempre curiosi di scoprire senza accontentarvi di quello che avete trovato, ma dopo una notte di riposo ed una meditazione all’alba, c’è un nuovo bellissimo giorno da vivere con prove, sorprese, gioia.